Cgil, Cisl e Uil chiedono al Governo di estendere a 24 mesi il permesso di soggiorno per chi ha perso il lavoro. Per questo in tutto il Paese è stata indetta per oggi, martedì 28 giugno, una giornata di mobilitazione unitaria dei tre sindacati confederali, con presidi davanti a tutte le Prefetture.
A Perugia Cgil, Cisl e Uil dell’Umbria organizzano un sit-in unitario in Piazza Italia a partire dalle ore 16 alle 18. All’iniziativa, che prevede anche un incontro con il prefetto da parte di una delegazione dei tre sindacati, saranno presenti anche molte associazioni che operano per garantire l’integrazione e rappresentanze dei vari popoli presenti in Umbria. Sono state inoltre invitate a dare un loro autorevole contributo anche le istituzioni locali e in particolare la Presidente della Giunta, la Presidente del Consiglio, il Presidente della provincia di Perugia, il Sindaco di Perugia e il Presidente Anci Umbria.
“Gli stranieri vedono messa in discussione la propria permanenza regolare sul territorio nazionale stante le norme restrittive vigenti in materia di soggiorno in Italia”, spiegano i sindacati, “Come risultato, una parte di loro è dovuta andarsene per cercare lavoro all’estero. La maggior parte, però, è finita nella trappola del lavoro sommerso, un tunnel da cui è difficilissimo uscire ed in cui vengono cancellati i diritti fondamentali, civili e del lavoro”.
Da molto tempo Cgil, Cisl, Uil hanno chiesto al Governo italiano di estendere la durata del permesso per attesa occupazione a due anni, “vincolando il provvedimento alla messa in atto di concrete politiche attive del lavoro”.
Cgil Cisl e Uil ricordano “come il lavoro nero (in molti settori produttivi) stia producendo situazioni di grave sfruttamento e sia spesso funzionale a fenomeni di tratta e lavoro forzato. Da qui la necessità di affrontare seriamente questo problema con l’adozione di provvedimenti legislativi atti a prolungare la durata del permesso per attesa occupazione (almeno a due anni) ed evitare che decine di migliaia di persone finiscano nelle mani del racket del lavoro nero e del grave sfruttamento”.
Insieme ai sindacati in piazza Italia, sotto la prefettura, c’erano anche tante associazioni (Acli, Arci, Actu, Femmes Solidaires, Jasmin, Giovani Mussulmane, Casa dei Popoli, Comunità di Sant’Egidio) e rappresentanze dei vari paesi di provenienza dei migranti (Egitto, Colombia, Siria, etc.), che hanno sottolineato l’importanza di questa battaglia comune per contrastare in primo luogo l’illegalità e il lavoro nero nel quale cadono molto spesso i migranti che perdono il lavoro e di conseguenza il permesso di restare regolarmente in Italia. Storie come quella di Flutra, lavoratrice albanese da 12 anni in Italia, con una figlia di 16 anni, prima badante, poi domestica, poi ancora venditrice ambulante, da ottobre 2015 disoccupata e quindi a rischio espulsione. “Chiedo solo aiuto perché lasciare l’Italia per me sarebbe la fine – ha spiegato – io e mia figlia ormai abbiamo tutta la nostra vita qui, quindi abbiamo bisogno di più tempo, perché oggi trovare un lavoro è molto, molto difficile”.