Chi viene licenziato da un ente pubblico non dovrà pagare un danno d’immagine pari ad almeno sei mesi di mensilità. La Corte Costituzionale ha accolto, con effetto per tutta l’Italia, il ricorso presentato dall’avvocato Siro Centofanti che aveva sollevato la questione di costituzionalità di fronte alla Corte dei Conti dell’Umbria.
In estrema sintesi, il dipendente che sbaglia e determina un danno d’immagine non potrà più essere punito con il pagamento di sei mensilità. Il giudice invece dovrà determinare “il danno in concreto“, che si presume pari al doppio del danno patrimoniale.
La dipendente comunale di Assisi
Il caso di scuola è quello della dipendente licenziata dal Comune di Assisi per quattro ore di assenza. La donna aveva chiuso l’ufficio comunale un’ora prima, saltando la pausa pranzo, per quattro giorni. Oltre ai 64 euro per le quattro ore di stipendio mancato, la ex dipendente avrebbe dovuto pagare 20.000 euro, che però il legale ha ritenuto sproporzionati. Una considerazione che la Corte dei Conti regionale dell’Umbria aveva fatto propria ritenendola “eccessiva, sproporzionata e manifestamente irragionevole”.
Contestato ammontare del danno d’immagine
In particolare, l’avvocato contesta due punti, che la legge 124/2015, appunto la Madia, non conteneva una delega al Governo per introdurre norma in materia di responsabilità contabile, sia che la previsione di un danno, pari alla retribuzione di sei mesi, viene ritenuta “assurda e sperequata” rispetto ad assenze di poche decine di minuti.
Il licenziamento della ex dipendente (nel frattempo prosciolta in sede penale dalle accuse di truffa e falso) è in attesa del giudicato della Cassazione, mentre il risarcimento era stato sospeso. La Corte dei conti – Presidente dott. Salvatore Nicolella, Consigliere relatore dott. Pasquale Fava, Consigliere dott.ssa Chiara Vetro – nei mesi scorsi aveva infatti accolto un’eccezione sollevata dall’avvocato della giovane, Siro Centofanti, secondo cui la pena contabile è sproporzionata al reato.
No al calcolo automatico in almeno 6 mesi di stipendio
E della vicenda era stata interessata la Corte Costituzionale, visto che la pena è stata comminata in base a una norma del decreto attuativo (articolo 1 del decreto legislativo 116) della riforma Madia, che ha stabilito la condanna per danno d’immagine provocato dai cosiddetti “furbetti del cartellino” all’ente di appartenenza, prevedendo un minimo di sanzione non inferiore a sei mesi di stipendio. Corte costituzionale che ora ha dato una risposta: il danno d’immagine non è in automatico calcolato in (almeno) sei mesi di stipendio, ma va determinato dal singolo giudice.