E’ tornato ieri (16 febbraio) in tribunale, a Grosseto, Davide Pecorelli, l’imprenditore 47enne che nel 2021 ha finto la sua morte per 9 lunghi mesi rifugiandosi in Albania, poi ritrovato naufrago al largo dell’isola di Montecristo alla ricerca del fantomatico tesoro.
L’ex arbitro si è ritrovato di fronte al giudice con le accuse di autocalunnia (proprio per aver dichiarato ai magistrati di essere alla ricerca del tesoro) sostituzione di persona (quando si fece passare per un geologo sotto altro nome) e presentazione di documenti falsificati (che aveva presentato in un albergo del Giglio per prenotare una stanza).
Nell’udienza preliminare di ieri, che avrebbe dovuto decidere sul suo rinvio a giudizio, Pecorelli, tramite il suo legale Andrea Castori, ha chiesto però la cosiddetta “messa alla prova” – resa possibile dalla riforma Cartabia – che consiste nella sospensione del procedimento penale per iniziare un programma di servizi sociali o lavori di pubblica utilità. E qualora tale “prova” avesse esito positivo avrebbe anche l’effetto di estinguere il reato. Comunque il gup si pronuncerà sull’accoglimento o meno di questa istanza nella prossima udienza, rinviata a giugno.
Lo scorso 10 dicembre Davide Pecorelli, ricercato in campo internazionale per i reati commessi in Albania – frode, profanazione di tombe, “azioni che impediscono la scoperta della verità”, “distruzione di beni mediante incendio” e “attraversamento illegale del confine di Stato” – era stato arrestato. Dopo soli due giorni di carcere, però, era stato rimesso in libertà su richiesta della Procura Generale, perché, oltre ai fatti ormai datati, per i quali sarebbe venuta meno l’urgenza dell’arresto, non ci sarebbe stato pericolo di fuga da parte dell’imprenditore.