Danni da cinghiali, stati di mobilitazione della Coldiretti Umbria. La giunta regionale dell’associazione ha annunciato l’apertura di uno stato di mobilitazione per l’emergenza dei danni da fauna selvatica in agricoltura, causati in particolare dalla specie cinghiale.
Caccia, ancora un rinvio della stagione venatoria
Un problema annoso, tornato d’attualità in Umbria. E specialmente nel territorio dell’Atc Perugia 1 dove è in ballo un possibile ritocco delle quote a carico dei cacciatori. Ipotesi contro la quale si è espressa la Federcaccia comunale di Perugia.
L’incontro con i rappresentanti negli Atc
La decisione è maturata nell’ambito dell’incontro di lunedì con i propri rappresentanti in seno agli Atc dell’Umbria, che precede quello richiesto dall’organizzazione agricola all’assessore regionale all’Agricoltura Roberto Morroni, per chiarire con gli Ambiti Territoriali di Caccia le procedure per gli interventi d’urgenza riguardo le operazioni di contenimento dei cinghiali.
Danni da cinghiali sui campi coltivati
Le scorribande dei cinghiali anche in gruppi di decine di esemplari, non conoscono tregua. Anzi si stanno sempre più moltiplicando: in questi giorni su grano, girasole, orzo, mais, con campi distrutti e mesi di lavoro persi.
Un problema annoso – è stato sottolineato più volte nel corso dei lavori – che sta “uccidendo” l’agricoltura in tutto il territorio regionale, in un periodo già a dir poco complicato a causa dell’emergenza Coronavirus.
Gli agricoltori non segnalano nemmeno più i danni
“La decisione di aprire uno stato di mobilitazione che dà il via ad una serie di iniziative – spiega il presidente della Coldiretti Umbria Albano Agabiti – deriva dal fatto che tante attività agricole sono vicine al default, con la frustrazione che sta spingendo gli agricoltori a non segnalare nemmeno più i danni”.
Agabiti: arginare una volta per tutte l’emergenza cinghiali
“Vanno adottate – prosegue Agabiti – tutte le azioni possibili per arginare una volta per tutte una vera e propria emergenza economica e sociale: se quelle messe in campo non bastano, occorre moltiplicare gli sforzi, trovarne delle nuove. Nonostante i recenti ed apprezzabili sforzi della Regione, siamo di fronte ad un sistema di gestione della fauna selvatica che evidentemente ancora non funziona e che necessita di ulteriori ‘riforme’. Questo per non far pagare ogni giorno un conto salato alle aziende agricole, che non ne possono più di fare da ‘dispensa’ per tanti animali selvatici nocivi, non autoctoni”.
Nel corso dell’incontro di lunedì è emersa ancora una volta tutta la gravità di una situazione devastante, che sta creando sempre più malcontento e disperazione tra gli imprenditori agricoli. Come testimoniato pure dal nostro rappresentante all’interno della Consulta Faunistica Venatoria regionale e da quello all’interno del Parco del Monte Cucco.
Chiesto un incontro a Morroni sugli Atc
“Intanto abbiamo chiesto un confronto all’assessore regionale Morroni – ricorda Agabiti – per chiarire e definire con gli Atc le procedure per gli interventi d’urgenza. Occorrono infatti per tali operazioni di controllo, regole certe, nonché modalità e tempistiche omogenee che devono essere fatte proprie da tutti e tre gli Ambiti territoriali di caccia”.
Cinghiali alimentati nei boschi
“Condividere ed esprimere solidarietà per la disperazione e lo sdegno degli imprenditori agricoli non basta più – aggiunge il direttore regionale Coldiretti, Mario Rossi; anche a fronte di quelle notizie che ‘raccontano’ di sistemi di alimentazione della fauna selvatica nei boschi, ci sentiamo pure un po’ presi in giro”.
“In questo contesto non è più possibile assistere – prosegue Rossi – ad un approccio al problema diverso da territorio a territorio, così come ad una interpretazione disomogenea delle norme, che non facilitano di certo l’arresto della proliferazione dei cinghiali e la conseguente riduzione dei danni all’agricoltura”.
La gestione dei Parchi
“È necessaria tra l’altro – conclude Rossi – anche una gestione più efficace delle aree naturali protette, con i Parchi sempre più dissestati per le devastazioni, così come una filiera tracciata e controllata delle carni di cinghiale, che sappia valorizzare le attività di contenimento, pure come occasione economica e occupazionale”.