di Claudio Bianchini
FOLIGNO – Incredibile, ma drammaticamente vera, la storia dei mancati risarcimenti dei furti d’acqua dal Topino, subiti da Foligno a causa dell’illecito prelievo dell’ex Consorzio Acquedotti di Perugia. A volte – come in questi casi – viene da pensare che qualcuno abbia finto di non capire e di non vedere. A scoprire le carte – in questo caso bollate – è stata la battagliera Stefania Filipponi, capogruppo di Impegno Civile nonché ex difensore civico. Siamo all’ultimo colpo di scena di una querelle iniziata addirittura nel lontano 1953: parliamo della sentenza del Tribunale civile di Perugia che ha rigettato le domande di risarcimento avanzate dal Comune di Foligno e dal Ministero dell’Ambiente, a seguito della condanna penale nei confronti – per l’appunto – dell’ex presidente del Consorzio Acquedotti Perugia, Enea Bricca. “Non si capisce per quale motivo il sindaco Mismetti ne abbia dato notizia la scorsa settimana, proprio mentre è in corso un dibattito cittadino in piena evoluzione – fa notare la Filipponi – quando gli atti sono stati già depositati e resi pubblici lo scorso 24 luglio. Tra l’altro io ne sono venuta in possesso subito e senza problemi, mentre dopo averli richiesti agli uffici comunali mi è stato risposto che sono ancora in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza per predisporre il ricorso in appello”. Le motivazioni sono state illustrate alla stampa dalla stessa Filipponi: “in poche parole viene solamente confermato il fatto che il Comune di Foligno ha subito un danno a causa del maggiore prelievo effettuato dal Consorzio Acquedotti Perugia, il quale invece dei 210 litri al secondo previsti, ne prelevava ben 330. Ma di fatto – spiega – viene anche rilevata l’impossibilità di stabilire l’ammontare esatto del danno, in mancanza di condizioni che possano comprovarlo. Furono richiesti tre milioni e 255mila euro, ma calcolati in base a tabelle tecniche da parte dell’ufficio ambiente comunale, senza mai dimostrare l’effettiva sussistenza del danno e gli effetti concreti prodotti”. E come stoccata finale, spunta l’ennesimo – paradossale – colpo di scena. “Per provare la sussistenza e la concretezza del danno sarebbe bastato controllare i rilevatori – rileva la capogruppo di Impegno Civile – ma la verità è che non c’erano ed ancora non ci sono, anche perché il Comune di Foligno non li ha mai richiesti. E’ quindi praticamente impossibile ricevere la liquidazione di un danno, basandosi solo su stime d’ufficio e presupposti”. Senza le prove, nemmeno un centesimo finirà nelle casse comunali.