Con l’incremento dei casi Covid in Umbria e la crescente pressione sui reparti ospedalieri si riaccendono i riflettori sull’ospedale da campo. Un progetto finanziato lo scorso aprile dalla Banca d’Italia con 3 milioni di euro. Una struttura autonoma e autosufficiente, che può essere installata ovunque in 36-48 ore, in grado di ospitare fino a 30 postazioni di terapia intensiva (con i ventilatori polmonari necessari in caso di gravi complicazioni legate al Covid), tre camere di biocontenimento con barella per trasporto di persone con malattie infettive. Un ospedale da campo dotato anche di sala operatoria, che dunque può essere utilizzato anche in aree colpite da calamità naturali o gravi incidenti.
Ma in questa nuova emergenza Covid, è chiaro che il suo utilizzo viene immaginato a supporto delle strutture ospedaliere nella cura dei malati Covid. Immaginato, perché l’ospedale da campo per l’Umbria ancora non c’è. Nonostante le procedure di gara semplificate consentite dall’emergenza avessero fatto ipotizzare in un paio di mesi (e dunque già in estate) i tempi necessari per la relativa pratica.
Ritardi da burocrazia e politica
Ma i conti con i tempi della burocrazia, all’atto pratico, sono stati ben altri. Con la burocrazia e soprattutto con la politica. Perché appena dopo l’annuncio del progetto (per il quale si è spesa direttamente la presidente Donatella Tesei, insieme alla direttrice della filiale di Perugia della Banca d’Italia, Miriam Sartini) su di esso hanno aperto il fuoco alcuni esponenti delle opposizioni. Mettendo in discussione l’utilità dell’ospedale da campo a mano a mano che la prima emergenza scemava. E soprattutto, la trasparenza dell’iter che avrebbe dovuto portare al suo acquisto. Dentro il “palazzo”, con la pratica che è stata oggetto di una audizione del Comitato per il controllo. E anche fuori, con gli esposti inviati alla magistratura. Sul filone di quelli relativi ai test rapidi acquistati sempre nelle settimane dell’emergenza.
Il Governo: dotarsi di ospedali da campo
Fuoco di sbarramento da parte delle opposizioni che si è poi placato. Anche perché il Governo “giallorosso”, nel frattempo, ha indicato proprio nella dotazione di ospedali da campo la strategia maestra che le Regioni dovevano seguire per prepararsi alla seconda ondata della pandemia. Che puntualmente (anzi, con un po’ di anticipo) si è presentata.
Da Palazzo Koch (sede romana della Banca d’Italia) fremono, in attesa di vedere operativa una struttura sulla quale hanno investito 3 milioni di euro. Cifra che nel frattempo è aumentata. Perché un decreto del Governo (il numero 34) ha tolto l’Iva su tale tipo di investimento, consentendo di recuperare ulteriori 700mila euro. A cui si è aggiunto l’ulteriore milione e mezzo di euro stanziato dal Governo proprio nell’ottica di incentivare l’attivazione di ospedali da campo.
Il nuovo progetto e il bando
E così il progetto si è potuto ampliare, prevedendo l’acquisto di ulteriori strumentazioni e impianti, come da delibera della Giunta regionale del 16 luglio. Ma si è dovuto lavorare anche per recuperare il tempo perso.
Il nuovo progetto è stato completato a fine agosto. La procedura di gara il 10 settembre.
Due offerte: l’iter della valutazione
Due le offerte presentate (entro la scadenza del 1° ottobre fissata nel bando) da ditte specializzate, una di Roma e una di Siena. Dopo la valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, si terrà una nuova seduta pubblica per l’apertura delle offerte tecniche. Una terza seduta provvederà infine a stilare i punteggi ed affidare l’appalto, con la conseguente stipula del contratto. Una decina di giorni, due settimane i tempi previsti. Sempre che non ci siano ritardi nelle operazioni di valutazione tecnica.
A quel punto, si auspica, l’Umbria potrà contare anche sul nuovo ospedale da campo per fronteggiare la seconda ondata del Covid.
Quanto all’installazione, si ipotizza di utilizzare inizialmente l’area del Centro fiere di Bastia Umbra, anche in ragione della sua posizione baricentrica. Ma proprio la dinamicità della struttura consente di poterla installare in poche ore anche in altre zone dove si richiedesse una maggiore disponibilità di posti letto.