Un paio di mutande troppo grandi non cambiate dal titolare del negozio e il cliente si infuria, arrivando perfino a costruire delle armi rudimentali con cui minacciarlo di morte. E’ stato condannato ad un anno di reclusione e al pagamento di 2mila euro di multa il 70enne spoletino accusato di detenzione illegale di armi, minacce e violenza privata nei confronti del vicino di casa, il già citato titolare del negozio di biancheria intima.
Precario stato di salute – A pronunciare la sentenza è stato il giudice Emilia Bellina, presidente del collegio penale con a latere Roberto Laudenzi e Delia Anibaldi. Recepite in pieno le richieste del pubblico ministero Gennaro Iannarone mentre non è passata la linea difensiva dell’avvocato Salvatore Finocchi, che assisteva l’imputato. Quest’ultimo ha prodotto una serie di certificazioni mediche attestanti il precario stato di salute del suo assistito che sin dal 2004 avrebbe sofferto di diverse patologie fisiche e mentali unite ad un generale stato di decadimento cognitivo Ma i giudici hanno evidentemente riconosciuto la pericolosità delle sue intenzioni.
Armi vere o artigianali? – o Altro tema ampiamente dibattuto in aula è stato quello della reale potenza di fuoco delle armi, che ha visto contrapposte le tesi del consulente tecnico incaricato dalla Procura e di quello di parte. Secondo il primo sarebbero state atte ad offendere mentre per il secondo non erano neanche denunciabili perché mancavano dei requisiti minimi di potenza. Una in particolare sarebbe stata soltanto “un insieme di particolari meccanici”. All’epoca della perquisizione, ad ogni modo, i Carabinieri trovarono una sorta di arsenale nelle disponibilità dell’uomo (che, va detto, aveva un regolare porto d’armi), di cui i giudici hanno ordinato la confisca.
Prescritta la violenza privata – Il 70enne è stato condannato per due dei reati contestati: le minacce e la detenzione di armi. Prescritto invece il reato di violenza privata che, stando alle parole pronunciate dall’avvocato Finocchi durante l’arringa difensiva, non si sarebbe neanche configurato visto che dal quadro accusatorio non emergerebbe una vera e propria coartazione da parte dell’imputato nei confronti della persona offesa.
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