“Parolisi trasformò una passeggiata pomeridiana con la famiglia in un drammatico sfogo di violenza culminata con ben 35 coltellate contro una donna indifesa, per giunta in stato di minorazione. Quei colpi esprimono una volontà distruttiva non comune”. Nelle motivazioni depositate dalla Corte di assise di appello di Perugia, l’assassino di Melania Rea (uccisa il 18 aprile del 2011 alle Casermette di Civitella del Tronto nel Teramano) cioè il marito Salvatore Parolisi (condannato a 20 anni con giudizio abbreviato), viene annientato negli aspetti umani.
Omicidio Rea, Parolisi a Perugia condannato a 20 anni
“Parolisi – scrivono i giudici perugini – negli ultimi mesi aveva tenuto una condotta particolarmente
riprovevole sia sul versante del rapporto coniugale che sul versante extraconiugale con l’ex allieva”. I magistrati parlano di doppiezza e falsità di Parolisi per aver promesso alla moglie Melania la fine
della relazione con la Perrone che invece era continuata.
Processo Melania Rea, domani Parolisi in aula
Le attenuanti su cui hanno cercato di fare leva i suoi avvocati, Nicodemo Gentile, Valter Biscotti e Federica Benguardato (in Cassazione Parolisi è stato rappresentato dall’avvocato Titta Madia) non sono stati infatti ritenuti meritevoli di riconoscimento. Sempre nelle motivazioni, i giudici umbri non fanno sconti sulle attenuanti richieste dalla terna difensiva. Si parla di “mancanza di freni inibitori” nella reiterazione delle coltellate (35) che indica la “mancanza di assoluta pietà verso la donna”.