Da. Bac.
Alla fine non si farà. Le proteste di varie associazioni, tra cui la Protezione Civile di Città di Castello, hanno scongiurato l’intento dell'Amministrazione Comunale tifernate di posizionare la roulotte di una famiglia nomade, a conduzione matriarcale, all’interno della Cittadella dell’Emergenza, sede del Gruppo Comunale della stessa Protezione Civile stessa, e situata a circa un chilometro di distanza dal nosocomio cittadino. La famiglia sarebbe riuscita ad ottenere questo nuovo spazio dopo aver rifiutato di sistemarsi in altri alloggi, messi a sua disposizione. Uno di essi, situato nei pressi dell’albergo-ristorante “Il Boschetto”, non era stato gradito per la notevole distanza dal centro e subì, forse anche per questo, considerevoli danneggiamenti, poi culminati in un incendio. La scelta ultima di uno spazio concesso alla Cittadella dell’Emergenza ha destato molte perplessità: tra le altre il fatto che l’accattonaggio che la famiglia praticherebbe avrebbe infatti potuto riversarsi nel vicinissimo ospedale tifernate. Oltre a questo, ci sarebbero stati i vari problemi derivanti dalla presenza statica della casa-roulotte, forse di impaccio in un luogo dominato da momenti frenetici dovuti alle varie emergenze.
La decisione di questo particolare trasloco, previsto per oggi, è stata ormai cancellata: l’Amministrazione Comunale tifernate ha fatto prevalere le richieste dei cittadini e dei membri della Cittadella.
Il precedente – Già la settimana scorsa, il consigliere regionale Andrea Lignani Marchesani aveva espresso diversi dubbi, ad esempio, su dove questa famiglia avrebbe potuto espletare i propri bisogni fisiologici. “Una decisione assolutamente da rivedere quella della Giunta comunale di Città di Castello”, aveva tuonato il consigliere con un comunicato. “Non si può, per evidenti motivi di sicurezza ed operatività, posizionare una roulotte all’interno del complesso di stabili che ospitano le associazioni di protezione civile e del volontariato, le quali dovrebbero probabilmente a turno ospitare la famiglia nomade per i necessari bisogni fisiologici, stante l’assenza di altri servizi igienici. Il rischio di creare un cortocircuito depressivo e negativo sul volontariato è evidentissimo, così come è inconcepibile che, in non auspicabili ma possibili momenti di emergenza, ci possano essere soggetti che niente hanno a che fare con l’operatività, ma che potrebbero anzi evidentemente comprometterla. È inoltre concreto il rischio che l’attività di accattonaggio svolta dalla famiglia nomade possa concentrarsi nel vicino ospedale, con le altrettanto evidenti controindicazioni del caso”. Per Lignani Marchesani a questo va aggiunto “che non è dato sapere a carico di chi siano gli allacci elettrici e che detta famiglia ha sempre manifestato la propria insoddisfazione per le destinazioni assegnatele, con proteste non sempre conformi al vivere civile. Deprecabile sempre, ma devastante in luoghi particolarmente sensibili come la cittadella dell’emergenza”. Il consigliere aveva poi auspicato che a intervenire fosse la stessa Regione, date le responsabilità in capo alla Giunta regionale nel campo della protezione civile.
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