di Sara Minciaroni e Sara Ciprani
La verità ha diversi volti. Sono le cinque del pomeriggio quando arriva l’ora dell’appuntamento fissato con i rappresentanti di ACTU (Comunità tunisina In Umbria), concordato grazie all’intervento del FIDEM (Festival delle Idee Euro-Mediterranee). Andiamo ad incontrarli per commentare con loro i fatti di violenza accaduti a Perugia e Terni e che in entrambi i casi hanno visto come protagonisti cittadini magrebini.
A Terni. Mentre andiamo da loro apprendiamo che a Terni Samir, il fratello di Aziz (assassino di David Raggi) è stato vittima di un episodio di violenza. Contattiamo l’Imam che minimizza l’accaduto e ci parla di un “fatto non grave” e poi aggiunge “ma forse il padre non ha voluto dire tutta la verità”. Poche ore più tardi vedremo Samir in televisione, con il volto tumefatto che racconterà di essere stato picchiato da tre persone. Si scateneranno due tipi di reazioni sui social da un lato chi condanna il gesto e ricorda l’invito del fratello di David a non cadere nella violenza e dall’altro chi lancia accuse di ogni genere verso la condotta in Italia degli stranieri. Intanto il padre di Samir fa sapere che il figlio dopo l’intervista è andato a Fiumicino per prendere un aereo che lo ha portato a Casablanca.
Intanto a Perugia. La stessa mattina ne abbiamo visto un altro di volto tumefatto. Quello di Simone Boccardini proprietario del pub Kandinsky di Perugia. Aggredito e pestato da un cittadino tunisino poi fermato dalla polizia e con un curriculum criminale fatto di molte denunce per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali e porto ingiustificato di oggetti atti ad offendere. Che per essersi visto negare un bicchiere in più, quando era già visibilmente ubriaco e il locale chiuso, ha sfogato la sua violenza sul perugino.
“Vita al Macello”. Arriviamo così al nostro appuntamento in via del Macello, in un piccolo giardino pubblico chiuso tra i palazzi. La prima impressione è desolante. Un paio di bambini vengono spinti su un’altalena a due passi da cestini dei rifiuti traboccanti bottiglie di birra vuote. I cestini nemmeno bastano, le bottiglie sono anche a terra insieme a tanta altra immondizia. A pochi metri da noi un gruppo di magrebini, bevono birra e per quello che ci sembra stanno consumando droga. Alcuni di loro di tanto in tanto si sganciano dal gruppo con qualcuno che arriva e chiede qualcosa. Difficile immaginare che non siano in atto compravendite al dettaglio di stupefacenti. Ce n’è anche un altro fuori dal complesso che sta facendo da palo. Commentiamo la situazione con qualcuno sul posto e ci spiegano che spesso gruppi di volontari si adoperano per ripulire il piccolo parco e che quando lo hanno fatto l’ultima volta hanno trovato anche coltelli nascosti sotto le panchine. Spiegano che la situazione non è bella, che “questi sono fuori di testa, meglio non farsi vedere, qui si prendono anche a coltellate”. Ci invitano ad allontanarci perché è meglio non farsi vedere con le macchine fotografiche e i telefoni che riprendono, “è pericoloso”.
L’integrazione. Decidiamo che registrare l’intervista a Samir Haouachi presidente Actu (Comunità tunisina In Umbria) e a Manuela Vena di Fidem (Associazione culturale delle idee euro mediterranee), in quel giardino non è la cosa migliore. E poi parliamo con le persone per cui siamo andati sul posto e comprendiamo dalle loro parole che la situazione per loro non è facile: “Oggi ci troviamo a dover parlare di quanto accaduto in questi giorni. Noi siamo contro la violenza e veramente condanniamo quello che è successo – spiega il presidente di Actu – Siamo la seconda generazione nata in Italia e che vive a Perugia. Siamo stati sempre in prima fila a combattere per l’integrazione abbiamo fatto manifestazioni, siamo pronti a collaborare con le istituzioni. Noi non molliamo mai ma l’integrazione è un processo a doppio senso”. E poi Manuela Vena di Fidem “Proponiamo da 5 anni a Perugia un evento per manifestare l’urgenza di un dialogo fra le due sponde del Mediterraneo. Un Mediterraneo che è arrivato nelle nostre regioni con la faccia peggiore che è quella della disperazione. Dopo aver appreso quanto accaduto questa notte a Simone ho sentito l’urgenza di contattare i referenti della comunità tunisina per prendere le distanze da questi episodi di violenza. Siamo convinti che bisogna lavorare in direzione della costruzione condannando chi è protagonista di azioni violente. L’opinione pubblica come si sa è propensa a creare delle infelici relazioni tra episodi della cronaca locala come la tragedia di Terni e episodi che su scala internazionale rendono la misura di come territori come la Tunisia siano attraversati da un’onda di violenza che noi vogliamo scongiurare a nostro avviso il mezzo migliore è il dialogo”.
Un pensiero ai fatti di Tunisia. E un pensiero commosso di Samir va anche alla sua terra: “Parlo del dramma di quello che è accaduto in Tunisia. Una cosa che non ci aspettavamo. Noi sappiamo di avere scelto una strada, quella democrazia che non è facile. La Tunisia è l’ultima candela di una speranza. Il popolo tunisino è forte e intelligente ha attuato una rivoluzione e adesso vogliono farci fare la fine della Libia e della Siria”. Poi il Vice presidente di Actu : “Condoglianze a tutte le famiglie che hanno perso i loro cari per mano del terrorismo. Vittime innocenti e senza colpe. Noi contro questi fatti e contro la violenza vogliamo alzare la nostra voce“.
I volti di una verità. Quello che si compone è quadro difficile da interpretare, un ‘giardino’ che invece di accogliere e proteggere, spaventa e minaccia. Rimaniamo colpiti dall’assurdo ossimoro che ci si è presentato, dalla durezza quasi disarmante del contrasto tra le due facce di una stessa realtà che ha i volti del fratello di David, che abbraccia i rappresentanti delle comunità straniere, e dei tanti magrebini che si danno da fare per un’integrazione e una convivenza dai principi sani e dall’altro quello della violenza e di un disagio provato in prima persona.
Le condoglianze e la vicinanza di ACTU alle vittime dell’attentato di Tunisi