E’ naufragato ancor prima di cominciare il progetto di recupero ambientale della cava di Poreta a Spoleto, presentato dalla ditta trevana Seprim nel febbraio di quest’anno e discusso, come da prassi, in due conferenze di servizi con il comune di Spoleto, la Provincia di Perugia e la Regione Umbria, che con una determina dirigenziale datata 24 agosto 2009 aveva dato giudizio favorevole sulla compatibilità ambientale di un progetto di recupero e reinserimento ambientale dell’area. Un documento che, in sostanza, ha fatto emergere le discordanze che non hanno consentito il completamento dell’opera. Ma andiamo con ordine.
Il parere della Regione – Già in occasione della prima conferenza di servizi, nell’aprile scorso, vennero evidenziate discordanze da parte della Provincia sulla tipologia dell’intervento proposto dalla Seprim e il parere fornito dalla Regione, secondo cui la ditta non avrebbe potuto riutilizzare i materiali estratti al di fuori della cava. Un parere che la stessa ditta bollò come “assurdo”, facendo di fatto slittare la decisione al mese successivo, termine ultimo per l’approvazione del progetto.
“Non riutilizzo del materiale” – Rinvio che però non servì a sbloccare l’impasse perché il comune di Spoleto, pur confermando la determinazione dirigenziale che approvava il progetto per cui era stata presentata istanza di autorizzazione, prese per buone le prescrizioni vincolanti rilasciate dagli enti intervenuti alle conferenze, tra cui quella della Regione Umbria che stabiliva che “la previsione progettuale di utilizzo del materiale per la realizzazione di rilevati e stabilizzati stradali nell’ambito della propria filiera produttiva configuri comunque un’attività commerciale. Pertanto l’istanza di autorizzazione può essere accolta a condizione che l’autorizzazione prescriva che il materiale estratto sia autorizzato ai fini del recupero ambientale e che, quindi, preveda espressamente il non riutilizzo del materiale estratto al di fuori del sito di cava”.
Progetto archiviato – Si arriva così all’epilogo della vicenda. A queste condizioni la ditta non ha fornito alcun riscontro alla nota del comune e non ha trasmesso i documenti necessari per il completamento dell’iter autorizzativo, né ha cambiato idea dopo il sollecito dell’amministrazione con una proroga dei termini di 30 giorni. Il progetto, pertanto, è stato definitivamente archiviato.
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