L’aveva in parte annunciato la difesa di Emanuele Armeni, adesso la via processuale comincia a delinearsi per il carabiniere di Castel Ritaldi che il 16 maggio scorso ha ucciso con un colpo di mitraglietta M12 s2 il collega Emanuele Lucentini nel piazzale della caserma di Foligno.
Gli avvocati Zaccaria e Montesoro chiederanno il rito abbreviato condizionato da una perizia tecnica e da un esperimento giudiziale. Per farlo avranno tempo fino al 19 dicembre, altrimenti si procederà con il rito immediato già ottenuto dalla procura di Spoleto con la data per la comparizione davanti alla Corte d’Assise di Terni già fissata per il 12 aprile del 2016. Ma il passo indietro, al quale quasi certamente non rinunceranno, riporterà il processo a Spoleto.
Chiedere il rito abbreviato per Armeni significa poter accedere allo sconto di un terzo della pena ed è un diritto che spetta all’imputato ma sulla perizia sarà il Gip a doversi esprimere. Se dovesse considerarlo un elemento decisivo ai fini del giudizio allora consisterà nella riproduzione, per quanto possibile, della situazione in cui il fatto si ritiene essere avvenuto e nella ripetizione delle modalità di svolgimento del fatto stesso. Il giudice dirigerà lo svolgimento delle operazioni e potrà anche d’ufficio designare un esperto per l’esecuzione di quelle tra esse che richiedono specifiche competenze, come in questo caso quelle balistiche.
Fino ad oggi c’è la consulenza del dottor Emilio Galeazzi, nominato dal procuratore Alessandro Cannevale e dal sostituto Michela Petrini che sposa la tesi dell’omicidio volontario. In base a questa perizia “L’arma si trovava allineata con modestissimo angolo rispetto al piano orizzontale e la posizione appare compatibile con l’impugnatura dell’operatore a due mani, l’una sull’impugnatura anteriore, l’altra posteriore e sostanzialmente allineate tra loro. Il cono delle possibili traiettorie del proiettile appare compatibile solo con posizione eretta del soggetto che impugna l’arma – e ancora – Nella versione M12 S 2 si è provveduto a inserire un sistema di sicurezza realizzato per impedire che un eventuale rilascio accidentale del tiretto di armamento durante l’operazione di armamento dell’arma possa generare uno sparo accidentale”. In questa ottica quindi nessun colpo accidentale. Come sostenuto invece dalla difesa che parla di “omicidio colposo” e nessuna caduta accidentale in base alla quale il colpo non sarebbe stato così “orizzontale”. C’è poi attesa per il deposito da parte delle parti civili che tutelano i familiari della vittima, avvocati Berellini e Belluccini, della perizia del professor Martino Farneti.
Ci sono poi gli accertamenti genetici svolti dalla dottoressa Eugenia Carnevali che ha individuato il profilo di Armeni sul grilletto mentre sull’impugnatura anteriore dellarma del delitto ha isolato quella dell’investigatore che la sequestrò e la imbracciò per studiare le possibili traittorie di sparo.
Poche, pochissime tracce. Non abbastanza per eseguire il test del Dna. Per questo la genetista Eugenia Carnevali ha dovuto affidare ad un software il poco materiale biologico isolato per determinare le probabilità di compatibilità con i profili genetici dell’indagato Emanuele Armeni e della vittima.
Mistero dell’ogiva. E dalla perizia emergerebbe quindi che sull’ogiva del proiettile che ha colpito alla testa Lucentini per poi fuoriuscire e rimbalzare sul muro e finire a terra nel piazzale della caserma non vi sarebbe stato materiale biologico sufficiente per l’esame del Dna. Possibile? Forse si, in base alla ricostruzione balistica della velocità con cui il proiettile si è conficcato nel muro per poi rimbalzare a terra.
Mentre sull’M12 s2 analizzato nelle parti interne e nella parte anteriore dell’impugnatura l’esame parla di residui blandi del Dna di Armeni (sul grilletto) e di traccia mista di profili genetici, tra cui quello dell’indagato e della vittima, ma anche di due ignoti. “Troppo strano”, secondo i legali della famiglia del carabinieri ucciso il 16 maggio scorso nel piazzale della caserma di Foligno, che le tracce siano così minime sia sull’arma che sull’ogiva e si limitano, per ora, ad una constatazione: “che quell’arma l’abbia toccata è oggetto di confessione dello stesso Armeni, ma forse è stata toccata anche da altre persone o forse è stata oggetto di un tentativo di ripulitura”.
Ma il giallo si addensa ancora a distanza di mesi, sul movente di quello che per l’accusa è un omicidio premeditato.