Bufera su Dna, avvocato Maori si difende "Errore materiale su data test" - Tuttoggi.info

Bufera su Dna, avvocato Maori si difende “Errore materiale su data test”

Sara Minciaroni

Bufera su Dna, avvocato Maori si difende “Errore materiale su data test”

Il gip: ‘Ha precostituito false prove’. Difesa chiede revoca delle misure cautelari
Gio, 28/04/2016 - 12:40

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Quasi tre ore di interrogatorio fiume. Un confronto serrato in sede di interrogatorio di garanzia tra il Gip Lidia Brutti e l’avvocato Luca Maori che secondo l’accusa della procura avrebbe favorito il suo assistito, Francesco Rosi (in carcere per l’omicidio della moglie Raffaella Presta) ad eludere le investigazioni nei suoi confronti “precostituendo false prove documentali – scrive il giudice –, passando per la patente violazione di diritti della personalità di un minore“. Parla di condotte “gravi in quanto poste in essere per mezzo di modalità concrete occulte e ingannevoli” il gip Lidia Brutti nel provvedimento di interdizione dell’avvocato Luca Maori e della collega.

Omicidio Presta, bufera per test dna su minore | Sospeso l’avvocato

E nelle 46 pagine in cui è contenuta l’accusa della procura – in parte condivisa dal giudice Lidia Brutti che ha disposto l’ordinanza di misura cautelare, derubricando il reato di falso ideologico in atto pubblico in un meno grave falso in atto documentale – contro il penalista perugino ora sottoposto a misura interdittiva per quattro mesi dalla professione si legge che “avrebbe perseguito e conseguito risultati idonei a fuorviare le indagini: non soltanto quello di dare conto, in modo non veritiero, che le modalità di acquisizione, repertazione e consegna dei campioni analizzati dal consulente erano effettivamente documentate ed erano assistite dalla previa autorizzazione di Francesco Rosi; ma soprattutto – è scritto – quello di documentare che, contrariamente al vero l’accertamento scientifico era stato espletato successivamente all’interrogatorio di Rosi, così volendo supportare la genuinità e la spontaneità delle sue dichiarazioni”.

Dalle 15 alle 18 circa di ieri, si è quindi svolto il  faccia a faccia  con il giudice, nel quale la difesa ha voluto spiegare che sì un “errore materiale ci fu” nella datazione dei reperti dei campioni biologici del caso-Rosi, ma sarebbe ‘irrilevante’ visto che poi fu lo stesso collegio difensivo, diretto dall’avvocato Luca Maori, a sollecitare un accertamento sul dna direttamente da parte del giudice nell’ambito di un incidente probatorio. Rigettato perché ritenuto non fondamentale ai fini della decisione, al di là del risultato del test del dna. Elemento che, secondo il difensore, l’avvocato Francesco Falcinelli, farebbe escludere l’ipotesi di un favoreggiamento personale perché non avrebbe in alcun modo contaminato la prova da sottoporre direttamente al giudice. Falcinelli ha quindi chiesto la revoca della misura ma il giudice si è riservato la decisione, anche dopo aver acquisito il parere del procuratore aggiunto Antonella Duchini che ha diretto l’indagine della squadra mobile scattata appunto all’indomani del Riesame di Rosi.

La stessa Mobile che esegue anche il provvedimento di perquisizione all’ospedale di Ancona dove lavora Valerio Onofri, il genetista forense che ha eseguito il test del dna in poche ore. Dai file estrapolati dal computer, come si legge nell’ordinanza – risulterà che i campioni vennero immessi il 27 novembre scorso, di prima mattina. Lo stesso giorno in cui, poche ore dopo, Francesco Rosi confesserà il delitto al giudice spiegando però di aver agito d’impulso dopo che la moglie Raffaella l’aveva provocato. La procura porta le prove tracciate dalle telefonate fra i telefoni di Maori, della collega e della sorella dell’indagato che materialmente consegnò i tamponi a Onofri alle 6 di mattina. E sarà poi il genetista, indagato, interrogato dal pm di aver sbagliato la data (28 novembre al posto del 27) ma di aver ricevuto pressioni per redarre, solo successivamente i verbali di consegna.

Per questo, si legge nell’accusa del procuratore aggiunto Antonella Duchini, Maori avrebbe “perseguito e conseguito risultati idonei a fuorviare le indagini: non soltanto quello di dare conto, in modo non veritiero, che le modalità di acquisizione, repertazione e consegna dei campioni analizzati dal consulente erano effettivamente documentate ed erano assistite dalla previa autorizzazione di Francesco Rosi; ma soprattutto – è scritto – quello di documentare che, contrariamente al vero l’accertamento scientifico era stato espletato successivamente all’interrogatorio di Rosi, così volendo supportare la genuinità e la spontaneità delle sue dichiarazioni“.

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