Bufera dna su minore, giudice conferma la sospensione degli avvocati - Tuttoggi.info

Bufera dna su minore, giudice conferma la sospensione degli avvocati

Sara Minciaroni

Bufera dna su minore, giudice conferma la sospensione degli avvocati

Una interdittiva di 4 mesi dalla professione forense. La difesa deposita il ricorso
Lun, 02/05/2016 - 16:22

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Confermata la misura interdittiva nei confronti dell’avvocato penalista Luca Maori e della sua collaboratrice. Il Gip Lidia Brutti dopo aver ascoltato per oltre tre ore in sede di interrogatorio i due legali, ha confermato quanto già disposto con l’emissione dell’ordinanza di venerdì scorso con la quale ha stabilito la sospensione per 4 mesi dall’esercizio della professione per i due avvocati indagati per i reati di falso in atto pubblico documentale e favoreggiamento personale del loro assistito. Un tempo che secondo il giudice sarà quello necessario per il completamento delle indagini e l’espletamento dell’incidente probatorio, richiesto dal procuratore aggiunto Antonella Duchini (nel quale è stato richiesto di sentire il genetista Onofri), tempo inoltre, che sempre secondo il giudice,  appare idoneo  ad esplicare un concreto effetto deterrente e dissuasivo dalla reiterazione di analoghe condotte illecite”.

Secondo l’accusa della procura gli avvocati avrebbero favorito il loro assistito, Francesco Rosi (in carcere per l’omicidio della moglie Raffaella Presta) ad eludere le investigazioni nei suoi confronti “precostituendo false prove documentali,passando per la patente violazione di diritti della personalità di un minore“. Parla di condotte “gravi in quanto poste in essere per mezzo di modalità concrete occulte e ingannevoli” il gip Lidia Brutti nel provvedimento di interdizione dell’avvocato Luca Maori e della collega.

E proprio verso il genetista, scrive il Gip i due legali “non hanno esitato ad esercitare inganni e pressioni” rassicurando il consulente della presenza di tutte le necessarie autorizzazioni (il nodo è sulla data degli esiti esami che arrivarono il 27 mattina, prima cioè che Rosi firmasse l’autorizzazione nella stessa giornata e che poi sarebbero stati postdatati al 28 dallo stesso Onofri), e dal quale Maori si recò “per ottenere che redigesse il documento, ideologicamente falso, nel quale era dato atto della consegna dei reperti in data 28.11.2015 e della contestuale presa visione delle necessaria autorizzazioni”.

Intanto questa mattina il difensore del penalista, l’avvocato Francesco Falcinelli, ha depositato il ricorso in appello avverso all’ordinanza. Saranno quindi i giudici del Tribunale della Libertà a decidere se rimuovere o meno la misura cautelare, che tecnicamente non è una misura coercitiva (non limita cioè la libertà personale) ma interdittiva appunto, cioè finalizzata alla sospensione dall’attività forense. 

Il Giudice per le indagini preliminari verga frasi durissime nell’emettere l’ordinanza di misura cautelare nei confronti del penalista Luca Maori e della sua collaboratrice, un dispositivo di 46 pagine nel quale il Gip parla di condotte di favoreggiamento “oggettivamente gravi, in quanto poste in essere per mezzo di modalità concerete occulte e ingannevoli, oltre che gravemente sleali dal punto di vista deontologico/processuale”.

Descrive anche un esercizio spregiudicato della professione forense, connotato da ‘anomala solidarietà’ con l’assistito, che si è spinta fino alla precostituzione di false prove documentali, e questo, secondo il Gip Lidia Brutti che accoglie in parte la ricostruzione accusatoria del procuratore aggiunto Antonella Duchini, va “in violazione di diritti della personalità del minore, per intenderci il figlio di Raffella Presta e Francesco Rosi, del quale avrebbero prelevato un campione salivare (grazie all’intervento di un familiare di quest’ultimo che avrebbe fornito un bicchiere usato dal piccolo) da confrontare con quello dell’indagato (in questo caso prelevato da una sigaretta usata come tampone).

Ma  la difesa sostiene che il falso sarebbe un mero errore materiale e che non sussiste il favoreggiamento perchè fu proprio lo studio Maori ad avanzare richiesta al gip di eseguire i test del dna nell’ambito di un incidente probatorio del giudice.

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