Millantava conoscenze nel mondo delle aste giudiziarie per attirare clienti e vendere loro appartamenti, auto di lusso e mezzi agricoli a prezzi “apparentemente” vantaggiosi. Ma, come emerso dalle indagini, era tutta una truffa. Per questo un 52enne di Città di Castello è stato condannato a 2 anni e 5 mesi di reclusione.
Complessivamente sono 19 le vittime cadute nella sua “rete”. Tra queste, ad avere la peggio è stato un altro tifernate, che da solo ha perso circa 150 mila euro, e si è costituito parte civile tramite l’avvocato Eugenio Zaganelli. Tutti i potenziali acquirenti sono stati attratti da proposte allettanti per le quali l’uomo si sarebbe proposto come intermediario per l’acquisto: trattori, jeep, moto, scooter e perfino immobili in località di prestigio come Cortina, Taormina e Madonna di Campiglio, mostrati semplicemente tramite cataloghi di foto.
Come detto l’imputato, per dare credibilità alla truffa, – secondo quantro ricostruito dall’accusa – simulava contatti con giudici compiacenti, in grado di influire dall’interno del sistema di aste e garantirgli quindi prezzi di favore, ma utilizzava anche documentazioni false e consegnava ricevute di versamento degli acconti per prenotare i mezzi.
A destare forti sospetti sono stati però i clamorosi ritardi nella consegna dei beni acquistati, mai arrivati ai rispettivi clienti che avevano già sborsato il sostanzioso anticipo. Il 52enne in quei casi, davanti alle richieste di spiegazioni, rassicurava sempre le vittime con le ragioni più svariate, tra cui incontri rinviati con il giudice a causa dei gravi problemi di salute di quest’ultimo, oppure con la “scusa” che con il passare del tempo il prezzo d’acquisto dell’auto si sarebbe ulteriormente abbassato.
La truffa si era protratta dal 2014 al 2016 fino a quando la vittima tifernate, stanca delle promesse vane, ha denunciato il raggiro. Il 9 gennaio 2025, quasi 10 anni dopo, è arrivata la sentenza. Secondo la Procura di Perugia l’uomo avrebbe indotto gli acquirenti in errore sull’effettività dei contatti, sulla serietà degli impegni assunti e sulla disponibilità dei beni proposti, procurandosi un ingiusto profitto di circa 269mila euro. La condanna prevede anche una multa di 1700 euro, il pagamento delle spese processuali e il risarcimento delle vittime, che sarà stabilito in sede civile.