Le interdittive per i due dipendenti comunali Renato Pierdonati e Federico Nannurelli, tra gli indagati nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti ‘spacchettati’ da parte del Comune di Terni, sono state revocate, ma il giudizio dei giudici del tribunale del Riesame di Perugia in merito alla gestione della cosa pubblica rimane grave.
E’ quanto emerge dalle motivazioni che hanno portato i magistrati perugini a disapplicare la misura che era stata stabilita dal gip di Terni Federico Bona Galvagno. Motivazioni depositate nella giornata di ieri a pochi giorni di distanza da quelle relative al sindaco Leopoldo Di Girolamo, che a inizio maggio era finito agli arresti domiciliari nell’ambito della stessa inchiesta.
A presentare ricorso contro il provvedimento del gip del 9 maggio, che disponeva l’applicazione, nei loro confronti, della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio degli stessi ricoperto presso il Comune di Terni per 6 mesi erano stati i difensori del dirigente e del funzionario comunale, gli avvocati Francesco Donzelli e David Brunelli. Il Riesame, però, ha ritenuto non più sussistere il pericolo di reiterazione del reato, perché già prima dell’applicazione della misura interdittiva il Comune di Terni aveva emanato degli atti volti a regolarizzare la gestione degli appalti pubblici, ed in particolare quelli sul verde.
Proprio grazie alla presentazione di nuova documentazione da parte dei difensori, “il collegio ritiene che il pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie per cui si procede, posto dal Gip a fondamento del provvedimento, non riveste più i caratteri della concretezza e, soprattutto, della attualità“. Ma l’ordinanza del Riesame contiene anche pesanti giudizi laddove evidenzia che “se è certamente vero che, sino all’anno 2016, è esistito un ‘sistema illegale’ nel settore degli appalti pubblici, è altrettanto vero che, anche in ragione della esistenza di plurimi procedimenti penali per delitti contro la pubblica amministrazione, la Amministrazione comunale di Terni, comunque, ha effettuato una rivisitazione totale dei precedenti indirizzi esistenti in tema di appalti pubblici ed ha sancito un formale cambio di rotta”.
Non da meno contiene significativi giudizi anche l’altro provvedimento, quello con cui i giudici del Riesame di Perugia hanno revocato gli arresti domiciliari per il sindaco Leopoldo Di Girolamo, confermando invece la misura interdittiva di sospensione dalla carica per l’assessore Stefano Bucari, che poi si è dimesso dall’incarico politico. E secondo le motivazioni dell’ordinanza, anche al primo cittadino di Terni dovrebbe essere applicata la misura interdittiva, che però non è prevista dalla legge.
I giudici, in merito al sindaco Di Girolamo, spiegano quindi che, secondo loro si dovrebbe “impedire nell’attualità la consumazione di altri delitti connessi alle funzioni pubbliche rivestite” perché “i fatti illeciti commessi dagli indagati – è scritto nel dispositivo – non solo non sono estemporanei e occasionali, ma dimostrano, al contrario, che nel Comune di Terni, il sistema degli appalti pubblici non si è mai conformato alla normativa nazionale e comunitaria e gli indagati hanno prodotto una palese distorsione delle procedure amministrative per il raggiungimento di finalità politico- amministrative, cioè garantire l’aggiudicazione di servizi a imprese o associazioni operanti nel territorio ternano”.
Secondo il collegio presieduto dal giudice Giuseppe Narducci, per entrambi gli imputati ci sarebbe la possibilità di reiterazione di reato e questo anche perché, l’Ente avrebbe bandito solo una gara per il verde pubblico nel 2008 e poi niente più fino al 2015. Questo, per i giudici ha la seguente interpretazione: “i fatti illeciti commessi dagli indagati non solo non sono estemporanei e occasionali (adozione di atti illegittimi all’interno di un sistema comunque improntato al rispetto della legge) ma dimostrano, al contrario, che nel Comune di Terni, il sistema degli appalti pubblici non si è mai conformato alla normativa nazionale e comunitaria e gli indagati hanno prodotto una palese distorsione delle procedure amministrative, cioè garantire l’aggiudicazione dei servizi ad imprese o associazioni operanti nel territorio ternano”.
Quanto al tema della piena consapevolezza da parte degli indagati che la procedura seguita nei casi concreti non era conforme alla legge, i giudici scrivono che “anzi essa veniva ‘artificiosamente piegata’ per perseguire altre finalità, quindi del grado di dolo dei delitti, sarebbe sufficiente rammentare che i concorrenti sono ‘collaudati’ amministratori, che svolgono il proprio ufficio da molti anni e che possiedono comprovata esperienza e competenza”.
Di Sara Minciaroni e Sara Fratepietro