Una basilica di San Francesco gremita di gente ha visto il vescovo, monsignor Domenico Sorrentino, celebrare la messa di suffragio per Papa Francesco, per quello che il custode fra Marco Moroni ha ricordato come “Il papa che ha dimostrato un grande affetto per Assisi”. (Foto di Andrea Cova – Sala stampa Sacro Convento)
Nella sua omelia il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino ha ricordato come “tante volte Francesco ci ha chiesto di pregare per lui, ce lo ha chiesto in vita e non possiamo dimenticarlo in morte. Tanta gente si sta recando a Roma in questi giorni ed è bello che la comunità ecclesiale tutta senta quel naturale sentimento di mestizia che ci prende quando si allontana da noi per la vita eterna una persona cara. Papa Francesco è stato sicuramente qui ad Assisi una persona cara, direi uno di famiglia: tante volte in diocesi, con i fedeli e con i miei confratelli vescovi mi è capitato che mi fosse fatto notare l’affetto speciale del Papa per la città, che si traduceva in visite frequenti e che sembrava esagerato. E io ricordavo a tutti che Bergoglio aveva preso il nome del patrono d’Italia e fatto suo il programma di Francesco, quindi era naturale che amasse Assisi, era un po’ come tornare a casa”.
Il presule ha sottolineato che quanto capitato, “un Papa che prende il nome del nostro Santo, è qualcosa di nuovo. Qualcuno lo aveva sicuramente immaginato e auspicato, ma sembrava quasi che un Papa volesse troppo, perché San Francesco è un gigante della spiritualità e con la sua radicalità evangelica nemmeno la schiera enorme dei fratelli che lo hanno seguito è riuscito a raggiungerlo; si sono create numerose famiglie e ordini per tentare di avvicinarsi alla sua altezza e nessuno ci è riuscito. Che un papa prendesse il nome di Francesco poteva far paura, avrebbe dovuto poi essere coerente: ma Papa Francesco ha fatto di tutto per mostrarci cosa significa una coerenza evangelica sui passi di Francesco, e quindi ci lascia un’eredità impegnativa che ci dice che è possibile guardare a Gesù con le lenti, le parole e i gesti del nostro santo. Non dobbiamo avere paura della santità e della radicalità evangelica, ciascuno ha la sua vocazione, i suoi talenti e le sue possibilità: ma tutti dobbiamo guardare in alto, tendere in alto e non accontentarci di poco, sulle orme congiunte dei due Franceschi, per l’eredità che ci ha lasciato il Poverello e che il Papa ha rilanciato”. Sorrentino ha quindi ricordato la sua prima visita e la messa celebrata da Bergoglio nel 2013 sulla piazza inferiore: “Mi colpirono le parole che disse a proposito della lettura della santità di francesco: ricordò che è facile tirare per la giacca Francesco d’Assisi, un santo che ha detto cose che restano attuali. E infatti Francesco è patrono dell’ecologia, è il santo della Pace ripropostoci da Giovanni Paolo quando nel 1986 chiamò qui i leader religiosi per pregare per la pace, è un santo che parla di economia e patrono del movimento mondiale di Economy of Francesco, un’economia che si delinea a partire dal suo insegnamento”. Per questo – ha detto Sorrentino – “è difficile trovare qualcuno che faccia lo schizzinoso (anche se Goethe rimase ammirato dall’Assisi romana ‘snobbando’ la Basilica); e questo è successo anche con il nostro Papa, molta gente infatti pensa fosse ‘uno di noi’ per la sua umanità e spiritualità, un Papa che andava anche al Festival, con la parola di Dio”.
E se “è bello venire in questa Basilica e vedere la storia di Francesco santo raccontata negli affreschi”, monsignor Sorrentino ha ricordato anche come “nel luogo dove ho avuto il privilegio di veder riemergere il luogo simbolo della radicalità della spogliazione di Francesco che si conforma alla spogliazione di Gesù, ora c’è la santità di Carlo Acutis. Il gigante e il bambino che fanno squadra insieme, sulla scia di quando Papa Francesco venne a spiegarci il segreto del futuro della chiesa, che Francesco è grande e va imitato perché si è così innamorato di Gesù da diventare una cosa sola con lui. E ora il nuovo Pontefice, anche grazie a Carlo, ripartirà all’insegna della giovinezza e della gioia”. Il tutto ricordando che “nel 2013 Papa Francesco volle che io e lui pranzassimo con i poveri, ha voluto che imparassimo ad abbracciarli, come ci ha ricordato anche al Serafico quando disse ‘che nei ragazzi ci sono le piaghe di Gesù da ascoltare, perché nelle piaghe dell’umanità c’è Gesù’. Ora la Chiesa si apre a una speranza nuova e abbiamo bisogno di uno scatto: il Papa ci ha aiutati a farlo e ora tocca a noi portarlo avanti, come anche Francesco Santo disse ai suoi discepoli”.