Aggiornamento alle 22.24 del 10.12.2015 – Torna l’ipotesi di un riscaldamento dovuto all’ossidazione di lignite nel terreno sottostante la zona di San Martino in Trignano, ma non si escludono nemmeno relazioni con il fatto che l’area è sismica. È quanto emerge dopo il primo sopralluogo dei tecnici dell’Ingv nel luogo in cui è stata evidenziata la presenza di acqua calda nel sottosuolo, scoperta nei giorni scorsi da una famiglia che aveva attinto dal proprio pozzo. In attesa dell’esito delle analisi più approfondite, la professoressa Fedora Quattrocchi, ricercatrice e dirigente dell’Ingv, dopo il sopralluogo di oggi pomeriggio e la campionatura delle acque dei pozzi interessati dall’aumento di temperature delle acque ha evidenziato che “le acque riscaldate sono pertinenti ad una falda piccola e poco profonda, poco salina a cui non arrivano geogas acidi o riducenti (anidride carbonica e acido solfidrico) in maniera vistosa. Si sta studiando se il fenomeno transiente – ha aggiunto la ricercatrice – è connesso a microfratturazione che fa ossidare la lignite/torba sottostante, solitamente non imbibita e quindi priva di reazioni esotermiche (che producono calore). Si proseguono i monitoraggi, – ha quindi annunciato – anche perché la zona è sismica e fagliata. Ingv collaborerà con il professor Carlo Cardellini dell’Università degli studi di Perugia, mettendo a disposizione i dati pubblicamente ad Arpa-Umbria”.
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Sono arrivati a San Martino in Trignano poco fa i tecnici dell’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia per analizzare l’acqua calda presente in alcuni pozzi della zona e particolarmente in uno. L’Ingv sta effettuando dei campionamenti per cercare di individuare le possibili cause dello strano fenomeno che da domenica sta suscitando curiosità ma anche preoccupazione a Spoleto. Intanto nelle prossime ore dovrebbero essere resi noti i risultati delle analisi effettuate a inizio settimana dall’Arpa, dalle quali si potrà almeno confermare o escludere un qualche fenomeno di inquinamento dell’area.
Un primo punto su ciò che sta avvenendo nel sottosuolo dell’Alta Marroggia, quindi, verrà fatto domani, alla presenza a questo punto anche di qualche dato tecnico, durante il tavolo convocato alle 11 nella sede della protezione civile di Spoleto, a Santo Chiodo. Diversi i rappresentanti istituzionali che saranno presenti. E’ prevista infatti la partecipazione del sindaco di Spoleto Fabrizio Cardarelli, del dirigente alla Prociv Giuliano Mastroforti, della responsabile comunale della Prociv Stefania Fabiani (che dalle prime ore sta seguendo la situazione e che questo pomeriggio si trova a San Martino insieme all’Ingv), di rappresentanti del Dipartimento nazionale di protezione civile e del servizio Prociv della Regione Umbria, della Prefettura di Perugia, dell’Arpa, del Servizio geologico e sismico della Regione Umbria, dell’Asl 2, del comandante provinciale dei vigili del fuoco, di esperti dell’Università degli studi di Perugia – Istituto di Geochimica, dell’Ingv, di Vus e del Corpo forestale dello Stato.
In attesa di capire qualcosa in più sul fenomeno, che potrebbe essere causato dallo sprigionarsi di gas presenti nel sottosuolo, rimane in vigore l’ordinanza comunale che vieta di prelevare l’acqua dai pozzi privati a San Martino in Trignano per un raggio di 200 metri dal punto in cui è stata segnalata la presenza di acqua calda. Un’ordinanza cautelativa emessa dopo la segnalazione al Comune, da parte del Corpo forestale dello Stato, dello strano fenomeno.