La Procura regionale della Corte dei Conti ha condannato un ex brigadiere capo dei carabinieri a risarcire l’Arma con 39.500 euro, per danno all’immagine arrecato al Ministero della Difesa.
L’allora militare di Gualdo Tadino, coinvolto in una vicenda giudiziaria dal forte impatto mediatico, era già stato condannato in via definitiva a 4 anni e 4 mesi con l’accusa di concussione, induzione indebita e violenza sessuale, reati commessi tra il 2013 e il 2015 e per i quali era finito ai domiciliari nel 2016.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’uomo aveva più volte abusato del proprio ruolo istituzionale, talvolta all’interno della stessa caserma dove prestava servizio. Tra le vittime una prostituta, una giovane con fragilità cognitive e una donna coinvolta in un procedimento penale. L’ex brigadiere era stato anche accusato di aver tentato di adescare una minorenne ad una festa di paese, garantendole presunti contatti nel mondo della moda.
In particolare, in un episodio, egli avrebbe costretto la prima di queste a subire atti sessuali mediante minacce e abusi d’autorità, promettendo in cambio protezione o omissioni d’ufficio. Gli episodi, definiti “ignominiosi” dalla Procura contabile, erano stati oggetto di ampio risalto su giornali e web, dove il caso è stato ribattezzato come quello del “carabiniere a luci rosse”.
Alla luce della sentenza definitiva e della forte eco pubblica, la Procura aveva avanzato l’azione risarcitoria per il danno reputazionale subito dall’Arma dei Carabinieri, sottolineando lo stridente contrasto tra le condotte del militare e i valori di legalità e onore propri dell’Istituzione. Il risarcimento richiesto, pari a 39.500 euro, è stato determinato considerando la gravità dei reati, la posizione di comando del convenuto, la sua destituzione dall’Arma e l’avvenuto risarcimento alle vittime.