Le indagini dei carabinieri non hanno trovato tracce di monete, per il pm grossetano il 46enne imprenditore di San Giustino non centrerebbe nulla con la sparizione del tesoro di Mamiliano | Aperto nuovo fascicolo per autocalunnia
Arriva dalle aule del tribunale di Grosseto il nuovo capitolo sull’incredibile vicenda di Davide Pecorelli, il 46enne imprenditore di San Giustino scomparso in Albania nel gennaio 2021 e ritrovato naufrago nel Tirreno 9 mesi dopo, quando raccontò la sua incredibile storia fatta di problemi economici, fughe con preti e tesori.
Il pm della Procura toscana Anna Pensabene – dopo le dichiarazioni del 46enne imprenditore sulle monete d’oro in suo possesso, ritrovate a suo dire all’Isola di Montecristo – ha infatti chiesto l’archiviazione per il reato di ricettazione, che dovrà ora essere valutata dal gip Marco Mezzaluna. Secondo il sostituto procuratore, dunque, l’ex “naufrago” non centrerebbe nulla con la sparizione del tesoro di Mamiliano, rubato nel 2019 dal museo di Sovana.
Una istanza, quest’ultima, suffragata anche dal fatto che le indagini dei carabinieri di Grosseto non avrebbero trovato la minima traccia di quelle famose monete d’oro. Ecco perché è stato aperto pure un altro fascicolo che contesta a Pecorelli il reato di autocalunnia: lui stesso, infatti, raccontò agli inquirenti l’intenzione di rivendere il fantomatico tesoro. Lo stesso che avrebbe “immortalato” qualche mese fa con quel famoso “selfie”…
Al 46enne, in Italia, viene ancora contestato anche il reato di sostituzione di persona poiché, una volta tornato in Italia dall’Albania, avrebbe utilizzato documenti falsi per soggiornare a Porto Santo Stefano e noleggiarsi un gommone e un garage. Nessuna novità, invece, dal Paese delle Aquile, dove il 46enne resta indagato per ben 3 reati: incendio di beni materiali (per aver inscenato la sua morte bruciando l’auto noleggiata in aeroporto), vilipendio di tomba (per aver preso delle ossa da un ossario comune, gettarle nell’auto in fiamme e dare quindi più credibilità alla messinscena) e attraversamento illecito del confine (dall’Albania passò senza controlli in Montenegro e in Bosnia, dove si stabilì – a detta sua – a Medjugorje).