E’ un vero e proprio terremoto politico quello che si sta registrando in queste ore in casa del Partito democratico spoletino dove il tesoriere e membro della segreteria cittadina e regionale Giorgio Dionisi ha rassegnato le dimissioni, sembra irrevocabili, da tutte le cariche.
Ma non dal partito in cui intende rimanere, come pure dalla segreteria regionale nella quale è stato da poco nominato.
Una decisione la sua che anticipa solo di qualche ora quella che starebbero prendendo la metà dei membri della segreteria di Stefano Lisci, candidato in pectore dei dem alle prossime elezioni e che si ritrova, nel volgere di pochi giorni, dall’essere il più sostenuto a quello da cui prendere le distanze.
Sul piatto della bilancia pesano come un macigno le trattative e le scelte prese in questi giorni, come un regime oligarchico che poco ha a che vedere con i princìpi sbandierati dai piddini, sostanzialmente dai tre segretari, a cominciare dalla provinciale Camilla Laureti per finire con il regionale Tommaso Bori. Zingarettiani entrambi, più simili ai renziani quanto a decisioni e comportamenti politici tenuti in questi anni.
Che i tre vertici possano pure andare d’amore e d’accordo, con finalità ancora tutte da capire, può essere un bel segnale, ma se mezzo partito si schiera contro, allora il problema diventa devastante.
In sella da pochi mesi, quello che doveva essere per loro il primo banco di prova – le amministrative in Umbria ed in particolare a Spoleto dove è uscita a pezzi l’ex giunta di centrodestra – si rivela un clamoroso flop.
Terremoto Pd, mezza segreteria pronta a dimettersi
Le dimissioni di Giorgio Dionisi, come detto, starebbero per essere seguite, se non già sul tavolo, dai membri della segreteria Daniela Tosti, Dante Andrea Rossi e Andrea Bartocci ma anche dai segretari dei circoli di San Giacomo e Pontebari, Cesarini e Passeri.
Una frattura che si era già manifestata durante la crisi del governo De Augustinis, poi sfiduciato, dove proprio la Camilla Laureti era tra i fautori di un accordo con il centrodestra, rifiutato dalla base che continua a chiedere posizioni più nette e non le solite “parole al miele” quando si tratta di contrastare gli avversari politici.
Frattura che si è acuita con la candidatura ‘farsa’ dello stesso Lisci, divenuto d’emblée controllore e controllato, quando invece sarebbe già ad un passo dall’essere sposato al nome dell’agronomo Andrea Sisti di CiviciX (lista civica che guarda anche a Forza Italia), amico di vecchia data della Laureti con il quale avrebbe collaborato per lo sviluppo della propria tenuta agricola.
Non da ultimo il problema della autocandidatura di Giancarlo Cintioli, sostenuta dai 2 circoli ma non altrettanto dai membri dissidenti della segreteria (ad eccezione di Bartocci) che invece vorrebbero trovare un’intesa per non dilaniare ulteriormente il partito.
Problemi che da più parti era stato chiesto di discutere in segreteria ma che il duo Laureti-Lisci volevano rinviare. Quando alla tornata elettorale mancano poco più di due mesi, agosto incluso.
L’uscita del tesoriere peraltro rischia di mettere in ulteriori guai il Partito alle prese, non bastasse, con almeno una delicata vertenza economica che coinvolge i principali protagonisti del piddì degli ultimi 10 anni e che rischia di finire nelle aule giudiziarie civili.
Terremoto Pd, “continuiamo così, facciamoci del male”
Quello odierno non è che l’ultimo terremoto interno al partito di Enrico Letta che, da sette anni a questa parte, non ne azzecca una che sia una. Come la celebre frase del film di Nanni Moretti “Continuiamo così, facciamoci del male” che il giornalista Fabio Salamida, in un commento sarcastico di qualche tempo fa, proponeva di affiggere in tutte le sedi del piddì, come claim a fianco del simbolo.
E’ successo nel 2014 quando venne candidato Dante Andrea Rossi – per lo strappo deciso all’ultimo istante da Cintioli che solo la sera prima aveva invece appoggiato la candidatura di Fabrizio Cardarelli – che perse malamente; ancora nel 2018 con Camilla Laureti, abbandonata dai bocciani che preferirono appoggiare il governo a trazione leghista in cui inserirono, sotto le mentite spoglie di civici, alcuni nomi di riferimento. Puntualmente eletti in consiglio. Continuano cosi, si fanno del male.
(aggiornato alle 22.34)
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