“Aprire bocca e dargli fiato“ aumenta solo il rischio di trasmissione del SARS-COV-2“. Il dottor Lucio Patoia, primario di medicina interna all’ospedale di Foligno, conclude con una battuta il suo sfogo social sulla sanità e sulla gestione del Coronavirus.
I sacrifici contro il Coronavirus
“A Foligno area COVID della Medicina Interna: in 5 giorni 13 ricoveri in area COVID, 2 di questi intubati e trasferiti in una delle rianimazioni COVID della Regione, turni notturni triplicati e, a rotazione , quadruplicati, due fine settimana su 4 impegnati. Gli infermieri non fanno riposi – dice – le ferie non possono essere concesse nè ai medici nè agli infermieri, ci si augura che nessuno dei figli in eta scolare ( e ne hanno tutti ) ci si ammali o vada in quarantena perché salterebbero i turni ; una dottoressa che lavora nello staff che dirigo ha pagato il tampone eseguito privatamente alla figlia per accelerare i tempi e non mancare al lavoro. Si lavora per ore sempre vestiti come astronauti , si suda e si appannano le visiere , si rischia quotidianamente di infettarci“.
Covid Hospital dove ci sono caratteristiche adeguate
“A marzo eravamo eroi, adesso nessuno parla più di noi , ma per molti versi meglio così. Però almeno due richieste: Basta parlare della pandemia sulla base della fazione politica; ci sono i dati e basta leggerli; non c’è bisogno che li interpreti tizio che dice che il governo fa terrorismo o caio che dice che l’opposizione è negazionista. Basta con il chiedere affannoso che gli ospedali o le aree COVID si facciano da qualsiasi parte purché non sia quella dove si risiede. almeno vogliamo riconoscere che siamo tutti umbri ? E vogliamo ricordarci che il nemico è comune ed è il virus? O vogliamo fare come con le discariche o come hanno fatto alcuni alberghi con i disabili? Sarebbe auspicabile che tutti chiedessero di fare le aree COVID negli ospedali dove le caratteristiche organizzative e di personale consentono di ottimizzare l’assistenza ai malati COVID , pur mantenendo, per quanto è possibile, le attività assistenziali non-COVID. Continuare a prendersela perché l’ospedale della propria città è sede di area COVID è anche offensivo per i medici, gli infermieri e tutti quelli che vi lavorano, che rischiano la salute per tutti i malati di COVID umbri , siano di quella città o no. La battaglia contro il COVID la si combatte seriamente nelle strutture sanitarie pubbliche con dati, protocolli scientifici, professionalità ed umanità”.