L’aggressione al giovane arbitro di 24 anni, Riccardo Bernardini, a San Basilio ha lasciato un profondo segno sulle coscienza del movimento calcistico dilettantistico, e non solo. Il fischietto romano è stato brutalmente picchiato al termine della partita tra Virtus Olympia e Atletico Torrenova, sul campo del centro sportivo di San Basilio, che si è svolta durante lo scorso fine settimana.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’arbitro sarebbe stato aggredito da almeno 3 persone che, con calci e pugni, l’avrebbero ridotto in stato di incoscienza. A salvare il giovane è stato uno dei preparatori atletici delle due squadre che, nell’immediato, ha prestato i primi soccorsi al giovane in attesa del 118.
Il ragazzo è stato trasferito in codice rosso all’Umberto I di Roma, dove le sue condizioni sono progressivamente migliorate grazie alle cure del personale medico. Ma l’episodio ha avuto conseguenze a livello sportivo e politico: il presidente Aia, Marcello Nicchi, ha annunciato la serrata dei fischietti per le partite in programma nei campionati dilettantistici nella regione Lazio, mentre il vicepremier e Ministro all’Interno, Matteo Salvini e il Sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo Sport, Giancarlo Giorgetti, dopo aver duramente condannato l’episodio, hanno chiesto al Coni “più soldi per il basso che per l’alto livello”, “per tutelare i 35mila arbitri – come spiegato dal Ministro – che dirigono, gratis, in 11mila campetti di periferia. Che paese è quello dove si mandano all’ospedale 300 ragazzi perché non avrebbero arbitrato bene?”.
300 è infatti il numero di arbitri vittime di violenza nei campionati minori, numeri sui quali si è espresso anche il team manager della Ternana, ed ex arbitro internazionale, Paolo Tagliavento: “Per quanto mi riguarda – ha affermato Tagliavento – sono stato fortunato rispetto a Riccardo perché ho avuto la possibilità da giovane di iniziare a fare l’arbitro in una regione che probabilmente non si è mai caratterizzata per episodi particolarmente gravi da questo punto di vista. Non ho mai avuto personalmente episodi di particolare violenza, però ne ho visti e ne ho sentito parlare spesso. Solo quest’anno si sono verificate 300 aggressioni agli arbitri? E’ un numero incredibile. Chi sceglie di fare l’arbitro ha sicuramente nel suo carattere una predisposizione a farsi scivolare addosso le cose che vengono dette dal pubblico. Nel mio piccolo quando cominciai, mi concentravo solo su quello che succedeva in campo”.
Anche in Umbria, purtroppo, si sono verificati episodi di una certa gravità, non solo nei campionati dilettantistici, ma, addirittura, nell’ambito di campionati di bambini. Ricordiamo la rissa tra genitori a colpi di cric del novembre 2013 a Terni durante una partita di bambini di 7-8 anni; le minacce di un genitore all’allenatore perché non faceva giocare il figlio che hanno costretto l’arbitro a sospendere la partita; oppure il grave episodio di violenza che si verificato sul campo di Castel Ritaldi durante la partita di II Categoria tra La Castellana e Torgiano nel 2017. Sempre a Spoleto, nel 2014, ci fu l’aggressione da parte di un dirigente nei confronti dell’arbitro, colpevole, a parere del dirigente, di aver fischiato la fine della partita con qualche minuto di anticipo.
Andando ancora più indietro nel tempo, precisamente a Foligno nel 2013, va ricordata la testata all’arbitro da parte di un giocatore con conseguente rottura del naso, alla quale si sono aggiunte minacce.
Sono solo alcuni degli episodi più clamorosi che avvengono spesso nei campi di periferia (e non solo), dove accade spesso che arbitri, giocatori e dirigenti, rischino di essere picchiati per una specie di sottocultura sportiva che, nel calcio, è più evidente che in altri sport. Questi riportati sono solo alcuni di quelli ‘denunciati’, ma è molto più diffusa la pratica dell’omertà, come se tali episodi fossero in qualche modo ‘accettati’ e ‘tollerati’ e risolti ‘alla vecchia maniera’.