“Cattive abitudini” di “furbi e amici degli amici influenti” quelle che si sarebbero verificate nella formazione delle graduatorie provvisorie pubblicate sul sito del Servizio civile nazionale e valevoli anche per lo svolgimento di alcuni progetti in Umbria. A lamentarsene, con un suo comunicato, il consigliere del comune di Perugia Antonio Traccheggiani (FI), il quale sostiene di aver ricevuto, alcuni giorni fa, una segnalazione anonima nella sua cassetta delle lettere. Il problema sta nel fatto che alcuni dei candidati ammessi avrebbero dichiarato di essere disoccupati o inoccupati al momento della presentazione della domanda, senza di fatto esserlo. La falla sarebbe dunque a monte, andando a scomodare direttamente chi, a livello nazionale, si occupa di redigere le graduatorie e che dovrebbe dunque effettuare dei controlli incrociati con l’Inps. Nell’occhio del mirino ci sarebbero alcuni dottorandi (chi studia per ottenere il titolo di dottore di ricerca, l’inglese PhD, ndr), ora ammessi alla graduatoria provvisoria, ma già intestatari, al momento della presentazione della domanda, di una borsa di studio, e dunque non formalmente disoccupati, seppur, precisa lo stesso consigliere, il loro sussidio stesse per scadere di lì a poco.
Il bando – A chiarire la questione, ci sarebbe l’articolo 3 del bando del Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, che parla della necessità, per presentare domanda, di possedere i requisiti di partecipazione “alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande e, ad eccezione del limite di età, mantenuti sino al termine del servizio“. Tali requisiti, tra gli altri, sono appunto quelli di “essere disoccupati o inoccupati” e di “non essere inseriti in un percorso di istruzione e di formazione“.
I controlli – “Chi deve controllare la regolarità del bando per i posti relativi al Servizio civile nazionale da effettuare in Umbria?”, si chiede Traccheggiani. “Sono stati effettuati controlli sui requisiti dei candidati da iscrivere nelle graduatorie? Non sembrerebbe proprio, eppure basterebbe fare verifiche incrociate, con l’Inps o attraverso le autocertificazioni, per scoprire che fra chi si trova in graduatoria vi sono persone che proprio disoccupate non sono. Invece gli Enti pubblici recepiscono dati che nessuno si prende la briga di andare a controllare, e in questo modo non solo si impedisce l’accesso a chi ne avrebbe più diritto, ma si consente addirittura di far incassare illegittimamente un punteggio da poter utilizzare anche successivamente, per altre graduatorie concorsuali, continuando a danneggiare altre persone ancora.
E’ una prassi che riguarda solo l’Umbria o nelle altre regioni accade lo stesso? Perché nessuno si prende la briga di verificare se i candidati risultano, come dovrebbero essere, iscritti al programma “Garanzia giovani”, oppure fa una verifica con l’Inps con il centro per l’impiego dove potrebbero emergere dati decisivi? A queste domande dovrebbe dare risposta una società democratica, dove sono tutelati i diritti di tutti, e le nostre istituzioni, – conclude il consigliere di Forza Italia – affinché la trasparenza non sia una parola vuota e si cerchi di recuperare veramente la fiducia dei cittadini”.
Un caso nazionale, come riportato anche sulle colonne de Il Fatto Quotidiano, seppur non per le medesime questioni lamentate dal consigliere Traccheggiani. Sulla questione Servizio Civile, tecnici e politici si erano infatti già fronteggiati a Palazzo Chigi, quando, dopo i tagli del governo Letta, che aveva portato da 73 a 65 milioni di euro i fondi per il programma, il governo aveva ritoccato lo stanziamento aggiungendo altri 50 milioni. I finanziamenti ai progetti convenzionati sono poi divisi su base nazionale (54%) e regionale (46%), seguendo come criterio, per quest’ultimo caso, della grandezza e del numero di abitanti. Fatto che, come spiegato da Enrico Maria Borrelli, presidente del Forum nazionale servizio civile, a Il Fatto Quotidiano, ha creato degli scompensi, facendo sì che alcune regioni non avessero fondi necessari per finanziare tutti i progetti, e che altre ne avessero invece in eccedenza. Questione che è stata poi in parte risolta con il rinvio della scadenza al 23 aprile per la presentazione delle domande. “Eppure – si legge su Il Fatto Quotidiano – gli enti regionali non avevano rimesso in circolo la totalità dei fondi in eccesso. Nelle loro casse, rimanevano inutilizzati 19 milioni di euro, che invece avrebbero potuto servire per avviare al servizio 3.516 volontari”.