Vogliono gli altri nomi, i magistrati Paolo Abbritti e Mario Formisano che indagano sulla Sanitopoli perugina. Innanzi tutto i nomi di coloro che hanno fatto le soffiate agli indagati (politici, manager e medici), mettendoli in guardia sull’indagine in corso relativa a concorsi ed appalti. E poi, quelli di altre persone che sarebbero state favorite nei concorsi stessi o che avrebbero messo i loro protetti nelle condizioni di andare sul velluto durante le prove da sostenere.
Per questo i magistrati titolari dell’inchiesta hanno chiesto al gip Valerio D’Andria la proroga degli arresti domiciliari per Emilio Duca, Maurizio Valorosi e Gianpiero Bocci, che in assenza di tale disposizione il 10 giugno, scaduti i termini, tornerebbero liberi.
Ma i magistrati, nelle 27 pagine della richiesta inviata al gip, argomentano anche i motivi per i quali devono essere prorogate le misure interdittive della sospensione dal lavoro per altri indagati (Gabriella Carnio, Maria Cristina Conte, Rosa Maria Franconi, Antonio Tamagnini), per i quali la sospensione era stata invece ridotta.
Per i pm, le misure restrittive – a vario titolo – nei confronti degli indagati sono necessarie alla luce dei nuovi soggetti iscritti nel registro degli indagati a seguito degli interrogatori e di ulteriori acquisizioni di materiali, con l’esigenza di “preservare la genuinità delle fonti di prova”. Tanto più che nel corso degli interrogatori alcuni degli indagati hanno fatto delle ammissioni o hanno scaricato la colpa su altri. Dichiarazioni la cui attendibilità deve essere verificata; o dichiarazioni che devono essere messe a confronto in presenza di altre contrastanti.
Nel caso poi di Bocci, Duca e Valorosi, i magistrati ritengono di “rilevante portata” il filone di indagini teso ad identificare coloro che li avrebbero messi a conoscenza dell’inchiesta in corso. E per questo spiegano che l’ex segretario umbro del Pd ed i due manager saranno nuovamente interrogati. Nel caso di Duca, poi, i magistrati argomentano la necessità di prorogare gli arresti domiciliari con la sua “clamorosa attività di inquinamento” attuata una volta saputo di essere sotto inchiesta. Mentre di Bocci rilevano il “peso del potere” (per un periodo, all’epoca dei fatti contestati, era ancora sottosegretario agli Interni).
I pm chiedono quindi al gip di avere campo libero per avere ancora la possibilità di indagare, senza intralci né rischi di inquinamento di prove. Sul materiale di “straordinaria rilevanza” trovato nei cellulari e nei pc sequestrati ad alcuni degli indagati. E per proseguire i riscontri su “temi investigativi ancora aperti e delicati“. Insomma, i pm sull’inchiesta Sanitopoli vogliono andare fino in fondo, come aveva assicurato il procuratore De Ficchy nel suo ultimo giorno di lavoro.