Visita il padre in carcere e insieme a lui aggredisce agente - Tuttoggi.info

Visita il padre in carcere e insieme a lui aggredisce agente

Redazione

Visita il padre in carcere e insieme a lui aggredisce agente

Inutile il tentativo della moglie del detenuto e madre del 19enne di fermarli, ora entrambi a disposizione dell'autorità giudiziaria
Gio, 27/02/2020 - 16:51

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Giornata di follia e violenza nel carcere Capanne di Perugia, con un appartenente al corpo di Polizia penitenziaria aggredito da padre e figlio. Quest’ultimo era arrivato nel penitenziario per un colloquio con il padre (si tratta di due campani).

A denunciare l’accaduto è il sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, attraverso il segretario regionale dell’Umbria Fabrizio Bonino. 

“Quel che è accaduto poco fa nella Casa circondariale di Capanne a Perugia, con la violenta aggressione ad un poliziotto penitenziario, – commenta – riporta alla ribalta le difficoltà della struttura detentiva e delle gravi condizioni operative nelle quali lavora ogni giorno il personale di Polizia Penitenziaria”.

La ricostruzione dei fatti

E’ successo che padre detenuto e figlio a colloquio – ricostruisce il Sappe – hanno aggredito il poliziotto al termine del colloquio stesso, contestandone la durata. Anche una donna, moglie del detenuto e madre del giovane di 19 anni, è caduta a terra mentre tentava di calmare e fermare il marito ed il figlio.

Il poliziotto è stato colpito da pugni e calci, in particolare al viso presentando evidenti tumefazioni. L’agente è ora in ospedale, mentre il giovane di 19 in libertà che lo ha aggredito con il padre detenuto è fermo al Comando in attesa delle determinazioni dell’Autorità Giudiziaria a cui è stata rappresentata la grave situazione”.

“Sicurezza interna delle carceri annientata”

Netta è la denuncia del sindacato: “Da tempo il Sappe denuncia, inascoltato, che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della Polizia Penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza di personale – visto che le nuove assunzioni non compensano il personale che va in pensione e che è dispensato dal servizio per infermità -, il mancato finanziamento per i servizi anti intrusione e anti scavalcamento.

La realtà è che sono state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente continuano a stare ristretti in carceri minorili. A Capanne mancano Agenti di Polizia Penitenziaria e se non accadono più tragedie di quelle che già avvengono è solamente grazie agli eroici poliziotti penitenziari, a cui va il nostro ringraziamento. Per questo nelle carceri c’è ancora tanto da fare, ma senza abbassare l’asticella della sicurezza e della vigilanza, senza le quali ogni attività trattamentale è fine a se stessa e, dunque, non organica a realizzare un percorso di vera rieducazione del reo”.

Dichiarato lo stato di agitazione

Per Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, il primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri, “i gravi episodi avvenuti nel carcere di Perugia, che non hanno avuto un tragico epilogo grazie al pronto intervento dei colleghi della Polizia penitenziaria, riporta drammaticamente d’attualità la grave situazione penitenziaria”. 

Capece ricorda che proprio pochi giorni fa “il Sappe ed altri Sindacati della Polizia Penitenziaria hanno dichiarato lo stato di agitazione e la sospensione delle relazioni sindacali con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per l’assenza di provvedimenti che contrastino le continue violenze in carcere e le aggressioni alle donne e agli uomini in divisa, come è successo oggi a Capanne.

Al collega aggredito va tutta la nostra solidarietà. Riteniamo che la grave situazione in cui versano le carceri italiane imponga un’inversione di marcia da parte del vertice politico e amministrativo del Ministero della Giustizia e più in generale del governo. Il Ministero della Giustizia e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria poco e nulla hanno fatto per porre soluzione alle troppe problematiche che caratterizzano la quotidianità professionale dei poliziotti penitenziari. Ma non si può continuare a tergiversare!

Non si perde altro prezioso tempo nel non mettere in atto immediate strategie di contrasto del disagio che vivono gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria è irresponsabile. E per questo scenderemo presto in piazza per denunciare lo stato di abbandono in cui ci troviamo! Rinnovo il mio appello al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: se ci sei, batti un colpo!”.

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