Per anni da vigile urbano era stato spostato in un altro ufficio del Comune di Spoleto, senza che gli venisse mai cambiata la qualifica. Poi era tornato in polizia municipale ed il Tribunale, in primo grado, gli aveva riconosciuto il grado di capitano, con quello che ne consegue a livello economico. Ma ora in secondo grado la sentenza è stata ribaltata.
La sentenza d’appello
L’operato del Comune di Spoleto è stato corretto: questa in estrema sintesi la sentenza della Corte d’Appello di Perugia che la scorsa settimana si è pronunciata sul ricorso presentato da un dipendente dell’Ente. I magistrati Alessandra Angeleri (Presidente), Alessio Gambaracci e Pierluigi Panariello (consiglieri), con la sentenza n. 91 del 17 giugno hanno di fatto ribaltato quella del Tribunale Civile di Spoleto che, nell’aprile 2019 (sentenza n. 78), aveva condannato in primo grado l’Ente a pagare al lavoratore anche le quote non versate al fondo di assistenza e previdenza complementare previsto per il Corpo della Polizia Municipale.
Il ricorso del Comune
Il ricorso, risalente al 2017, era stato presentato dal dipendente del Comune di Spoleto nella convinzione che gli dovessero essere riconosciuti sia il grado di capitano, che sosteneva di aver raggiunto nonostante non svolgesse nel periodo di riferimento funzioni lavorative legate alla vigilanza, sia le somme che annualmente il Comune versa in un fondo previdenziale per la Polizia Municipale.
All’Ente, rappresentato e difeso dall’avvocato Monica Picena, è stata quindi riconosciuta la correttezza del proprio operato nei confronti del lavoratore, condannato a pagare al Comune di Spoleto le spese legali dei due gradi di giudizio per un totale di 7.900 euro.