Anche se uscire da Umbra Acque non è un’ipotesi praticabile molte delle critiche sollevate dal consigliere Marcello Rigucci hanno un fondamento e vorremmo approfondire in commissione con i vertici della società costi, progetti e modalità di erogazione del servizio idrico integrato
La mozione di scorporo non è stata approvata ma il sindaco di Città di Castello Luciano Bacchetta ha raccolto le osservazioni emerse in fase di dibattito in Consiglio comunale, proponendo una riflessione “su aspetti sia progettuali che organizzativi come la gestione del personale o la questione aperta degli investimenti” a partire dal documento presentato in aula dal capogruppo della Lega Marcello Rigucci, che ha evidenziato alcuni elementi del servizio e del rapporto con l’utenza critici, “ad esempio”, ha detto, “la penalizzazione economica dei cittadini che non hanno un conto corrente o di chi paga la tariffa sulla depurazione pur non essendo servito dal depuratore”.
Rigucci ha anche asserito che la società non sia un regola con tutte le certificazioni richieste dalla legge per chi partecipa al capitale azionario e che impieghi il personale in modo decentrato rispetto alla provenienza, pur avendo un parco macchine che non consiglierebbe spostamenti quotidiani impegnativi. Infine la società, sempre secondo il consigliere della Lega Nord, “non avrebbe corrisposto al Comune le quote annuali previste e ormai giunte oltre la soglia dei 300mila euro”.
Da queste considerazioni Rigucci ha proposto al Consiglio di “uscire da Umbra Acque e ricostituire il servizio in capo al comune, con gestione diretta”.
Il consigliere del PD Luciano Tavernelli si è detto disponibile a convocare una commissione con i vertici di Umbra Acque, come già avvenuto nel 2012, per provare ad avere con la società un rapporto più diretto ed intenso perché, “se uscire non è possibile, sono molti i versanti su cui lavorare per rendere migliore il servizio e il costo dell’acqua a Città di Castello”.