Il figlio è senza lavoro a 30 anni e i genitori versano 43mila euro per farlo assumere, ma è una truffa. Una madre e un padre di circa sessant’anni, originari di Castiglione del Lago, sono finiti in un raggiro che gli è costato i risparmi di una vita.
Una promessa mai mantenuta quella con la quale, secondo l’accusa mossa dalla procura, i due genitori sono stati ingannati dal titolare di un’associazione culturale di zona Porta Pesa a Perugia. Il titolare del locale, un siriano molto conosciuto, ad un certo punto si dichiara disponibile ad assumerlo come barista, ma gli spiega che prima avrebbe voluto parlare con i suoi genitori per “definire alcuni aspetti economici”.
Ai coniugi il presidente dell’associazione detta una condicio sine qua non: 40 mila euro alla firma del contratto di assunzione (da versare sul conto corrente dell’associazione) e altri 10 mila da corrispondere in rate. Per il pubblico ministero Gemma Miliani, che ha firmato il decreto di citazione a giudizio del titolare, si tratta di una truffa.
I due, che ora insieme al figlio si sono costituiti parte civile nel processo tramite l’avvocato Claudio Lombardi, si convincono e pagano. Ma una volta firmato il contratto di lavoro e versata l’ingente somma, al ragazzo arriva una lettera di licenziamento. Formalmente, scrive il datore di lavoro “per mancato superamento del periodo di prova”.
L’associazione alla richiesta di riavere il denaro risponde che la somma è considerata un “versamento spontaneo” in contributo all’attività di cui tra l’altro il ragazzo è stato nominato “socio onorario”. La beffa oltre il danno, verrebbe da dire.