Si sa, spesso la convivenza in spazi angusti è difficile. Specialmente se è forzata, contestualizzata in una prigione e sotto il regime del carcere duro previsto dal noto 41 bis. Se poi il proprio compagno di cella si chiama Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, condannato a diversi ergastoli per efferati delitti di mafia, beh allora la convivenza in questione può diventare un serio problema. Ne sa qualcosa P.C., costretto per due anni a convivere ai ferri corti con il proprio “coinquilino”, nonché vittima di un aggressione degna della leggenda di Annibale e del suo passaggio con gli elefanti sotto la Torre dell'Olio.
E' stato infatti condannato ieri dal tribunale spoletino il killer di Cosa nostra, ritenuto responsabile di oltre cento omicidi, per lesioni volontarie e minacce. A fine maggio 2005 infatti Bagarella era recluso presso il supercarcere di Maiano di Spoleto: qui, forse dopo l'ennesimo attrito con l'altro detenuto, l'ex boss di Cosa nostra, come riconosciuto dalgiudice, ha lanciato un pentolino d'olio bollente contro il suo “avversario”, provocandogli ustioni di primo e secondo grado in pieno viso, sul collo, sulla spalla e su entrambe le braccia.Il tutto sotto il regime del carcere duro per i mafiosi.
In particolare il boss della famiglia dei Corleone avrebbe aspettato il passaggio della vittima dietro le grate della propria cella, all'interno del supercarcere di Maiano: l'uomo infatti era in quel momento addetto alle pulizie del settore. Oltre alle lesioni, sono state riconosciute come reato anche le minacce di morte, frequentemente reiterate nel tempo fino a far presentare, senza successo, numerose istanze di trasferimento. Il giudice nella fattispecie ha condannato Bagarella ad un ulteriore anno di reclusione, più che raddoppiando la pena di 5 mesi richiesta nell'arringa dal Pm.
Simone Proietti
(tratto da Il Giornale dell'Umbria del 12.07.08)