“Pur se interrogato, il morto non risponde”. E il morto a cui fanno riferimento il gruppo di cacciatori (rappresentanti di associazioni e club) è la politica regionale e l’apparato burocratico che la consiglia e la supporta. Presidente Tesei, assessori e consiglieri (non a tutti) ai quali era stato inviato un appello per la caccia alla tortora ed altre istanze per modificare il Calendario venatorio umbro in fase di approvazione.
Una richiesta di “ravvedimento” alla quale non è seguita alcuna risposta, lamentano Sergio Gunnella, presidente umbro di Confavi, e gli altri firmatari di questa nuova istanza che arriva dal mondo venatorio (Evandro Caiello, Mario Bartoccini, Danilo Mattioli e Francesco Ravacchioli – Club Le Torri, Claudio Tortoioli – Associazione Nata Libera Umbria).
“Conoscendo lo stato dell’ arte della caccia in Umbria che, non ostante il trascorrere degli anni e dei cambiamenti di colore politico, continua a caratterizzare il palazzo di Corso Vannucci – commentano – non siamo poi rimasti sorpresi più di tanto. Una Regione che, pur se da noi intrattenuta più volte su questo argomento, continua: a non sedersi al tavolo del Comitato Tecnico Faunistico Nazionale assieme alle altre rappresentanze regionali di tutta l’ Italia; a ritenere inutile l’ aggiungere del nome scientifico delle specie selvatiche animali in elenco; ad arrogarsi – per regolamento – il diritto di stabilire l’ emolumento dei presidenti degli ATC e l’ importo del gettone di presenza dovuto ai consiglieri dello stesso consesso privato; a legiferare al di fuori dei parametri voluti dalla Legge quadro e di omettere la stesura di documenti ritenuti indispensabili dalla stessa normativa nazionale per una corretta pianificazione del territorio, ecc., ecc., non ci sorprende affatto”.
“Ormai ci siamo assuefatti” dicono i firmatari della petizione e i rappresentanti di organizzazioni venatiche di base e presenti in forma organizzata sul territorio dell’Umbria. “Noi – scrivono – che tocchiamo con la nostra pelle, ogni giorno, il territorio. Noi che di politica conosciamo solo quella venatoria; noi che perdiamo più tempo con il nostro Fido che con il nostro partito”. Ricordando che le associazioni di base “non sono nate per raccogliere tessere e assicurazioni”.
“Persone semplici” che conoscono il territorio. Che non dispongono di finanziamenti. E che, “come tutti coloro che vanno a caccia” si attengono “scrupolosamente alle leggi e ai regolamenti”.
Eppure, lamentano, chi non conosce le nozioni basilari di una corretta gestione agro-faunistica, “pretende di farci ingollare l’invenzione bislacca di queste ‘preaperture’ tanto differenziate dalla razionalità, da divenire perfino demenziali”.
A loro ricordano che per andare a caccia hanno sostenuto un esame, “quello che ci permette di esercitare lo sforzo di caccia nei modi e nei tempi voluti dalle normative che abbiamo studiato”.
“Fortunatamente aggiungono – tutto ha una fine. Ma non la nostra passione. Prima o poi tutti gli italiani torneranno alle urne, ivi compresi i cacciatori”. E fanno una previsione che suona come un avvertimento: “Ci sarà così il rinnovo dei responsabili politici regionali e, per i cacciatori, di quello dei responsabili di settore”.
Perché se è vero che “a ognuno il suo mestiere”, per raggiungere obiettivi comuni occorre dialogo, comprensione, coinvolgimento e unità d’intenti. “Parlare di caccia con qualcuno che non la esercita sul campo e avere la certezza di essere compreso – sottolineano – non è cosa di poco conto. Ecco perché occorre conoscere la materia a tutto tondo, oltre la politica. E la caccia, non si limita a essere letta sui libri di testo”.