Gli inquirenti perugini lo sapevano che prima o poi sarebbe tornato in Italia. Con il suo permesso di soggiorno permanente infatti, non poteva non farsi mai vivo. E hanno aspettato il momento. Che è arrivato lunedì quando I.L. il tunisino 35enne residente a Perugia, è stato bloccato da Digos e polizia postale a Fiumicino e lì gli è stato notificato il decreto di espulsione emesso dal ministro degli interni a suo carico.
E’ stato direttamente imbarcato sul primo volo per Tunisi. Il 35enne era già al centro dell’inchiesta antiterrorismo ‘Da’wa’ che lo scorso marzo ha portato all’arresto di quattro nordafricani in Lombardia: gli inquirenti perugini erano infatti arrivati ai ‘milanesi’ grazie ai contatti che lui stesso aveva con quello che è stato definito il leader della cellula che inneggiava alla jihad e al martirio dai loro profili social.
Terrorismo, la Jihad corre sul web | Post su Facebook contro Charlie Hebdo
Anche lui, che ha la residenza a Perugia in via del Melo e che, fino a poco tempo fa gestiva un kebab in via Ulisse Rocchi, esprimeva nel suo profilo Facebook le sue idee che si erano fortemente radicalizzate. Come riportato nell’ordinanza di custodia cautelare, il tunisino gioì in occasione degli attentati a Charlie Hebdo e, nel suo profilo scrisse: «Il mondo occidentale ha avuto una grande paura a seguito dell’attentato che ha colpito Parigi e questo è l’inizio della vittoria». In quello stesso post, un uomo urinava sopra una tomba con su scritto il nome della testata francese.
Un profilo social blindato e la vita da “clandestino”
Tuttavia, non si limitava ad inneggiare alla jihad, ai martiri di Al Qaeda e dell’Isis su Facebook ma, anche nella vita reale, aveva assunto un comportamento a dir poco singolare. Dopo che nel maggio del 2015 un suo amico era stato espulso sempre per prevenzione al terrorismo, lui lo aveva raggiunto a Tunisi e, da quel momento vivendo come un “clandestino” anche se era titolare di un regolare permesso di soggiorno a lunga durata.
Nel 2016 infatti, è venuto due volte a Perugia, ma ha sempre cercato di nascondere la sua presenza in città. In uno dei due viaggi, alla frontiera di Malpensa aveva detto che sarebbe andato a lavorare in Lombardia, invece, gli agenti della Digos che lo seguivano e lo indagavano già da prima dell’inchiesta ‘Da’wa’ avevano documentato la sua presenza a Perugia e la sua frequentazione con personaggi radicalizzati. Inoltre, dal gennaio del 2016 aveva cancellato tutti gli amici dal suo profilo Facebook e aveva tolto la possibilità di chiedergli l’amicizia, di fatto, blindando il suo profilo e avendo contatti solo con chi diceva lui. Come aveva già annunciato il procuratore, Luigi De Ficchy, in conferenza stampa il giorno degli arresti, l’inchiesta non è affatto terminata e il ‘tunisino di Perugia’ resta una figura centrale.