Luca Biribanti
È stata inaugurata nella serata di oggi l'attesa mostra “La Divina Commedia di Salvador Dalì” a Palazzo Primavera. L'arrivo delle cento xilografie a Terni è stato possibile grazie all'Umbria Vision Network con il patrocinio del Mibac (Ministero per i beni e le attività culturali), del comune di Terni e della Uil-Unsa (Unione nazionale scrittori e artisti).
100 tavole, 34 per l'Inferno, 33 per il Purgatorio e 33 per il Paradiso raccontano le cantiche dantesche attraverso un viaggio onirico-letterario, disposto sui 3 livelli di Palazzo Primavera con la consulenza artistica di Chiara Ronchini. Il regno dantesco è raccontato con sensibilità letteraria e poetica visione dell'immaginario, con riferimenti alla tormentata e angosciosa personalità dell'artista spagnolo. I gironi infernali, le sfumature di luce accennate nel purgatorio, l'armonia divina del paradiso, sono ambienti ideali per le visioni di Salvador Dalì che applica alla Commedia il metodo paranoico-critico e la poetica del molle, per una sintesi di grande potenza evocatrice e suggestive atmosfere dell'ignoto. La materia, che nell'Inferno trattiene pesantemente le figure a terra, si libera via via del rivestimento corporeo per librarsi leggera nel Paradiso. Caronte con la sua possente anatomia muscolare, Minosse con il sesso spropositato che sostituisce la coda che avvinghia per indicare quanto in basso deve andare l'anima del condannato, Cerbero che incombe su un Dante quasi spettrale, Farinata che come un catecumeno gigante sovrasta i pellegrini, il Minotauro dalle forme abbondanti e pingui; sono figure di un regno in cui l'anima è ancora prigioniera del corpo.
L'angelo nocchiero “e quei sen venne a riva / con un vasello snelletto e leggero / tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva” – ha la leggerezza che prelude al regno dello spirito, così come Aracne, nel suo aspetto mostruoso, è snella e priva di massa. La città degli avari sembra un villaggio popolato da spiriti che affiorano dolcemente dallo sfondo come visioni. Il sogno si materializza nel Paradiso con l'apparizione dell'arcangelo Gabriele a Maria, nell'abbraccio dolce e protettivo che il servo di Dio offre alla donna; l'unione spirituale è sempre rispettata da Dalì che abbandona le pulsioni sessuali e visionarie per la tenerezza soave degli spiriti eletti. La stessa delicatezza che è riservata all' “apoteosi di Maria” o al “gaudio dei beati”, un'orgia di anime che si sfiorano appena in caldi e tenui acquerelli autunnali.
“Già si godea solo del suo verbo / quello specchio beato, e io gustava / lo mio, temprando col dolce l'acerbo; / e quella donna ch'a Dio mi menava / disse: “Muta pensier: pensa ch'i' sono / presso a colui ch'ogni torto disgrava” – questi i versi con cui Beatrice accoglie Dante nel XVIII canto. La donna non ha volto, è solo strumento divino per l'ascesa di Dante al mistero supremo, mentre il volto del poeta è prominente verso Beatrice, quasi a voler cogliere in lei, “specchio” appunto, l'emanazione di un segnale divino.
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