Continuano a gran ritmo i lavori del teatro Verdi di Terni anche fino a tarda sera. Per la buona pace di qualcuno che si lamenta dei rumori fino a un orario troppo tardo, la velocità con la quale si procede spediti è funzionale alla necessità di non perdere i 14 milioni ottenuti dai fondi PNRR e la data del marzo 2026 come una spada di Damocle a pendere sulle casse dell’Ente. I ritardi ci sono stati tra amianto non previsto, cisterne di antichi distributori di benzina, cunicoli della II Guerra Mondiale e nidi di rondine, non ci si è fatti mancare niente, ma adesso tutto sembra ben indirizzato verso la fine del cantiere, anche se la ‘sfida’ tra il moderno progetto approvato dalla precedente giunta Latini trova ancora resistenze da parte dei ‘polettiani’ che non si arrendono a ritrovarsi un ‘corpo estraneo’ nel pieno centro storico della città e disarmonico con il contesto urbanistico. Queste istanze sono state accolte dall’attuale giunta, in particolare dall’assessore ai Lavori Pubblici, Giovanni Maggi, che ha ricevuto le 500 firme raccolte dai cittadini e una delegazione di tecnici ed esperti del settore che vorrebbero un teatro sul vecchio modello. Qualcuno ricorderà ‘la famosa’ uscita di Vittorio Sgarbi che parlò di ‘atto nazista’ voler toccare il Verdi così come pensato dal Poletti (era il 2017) e definì il nuovo progetto da ‘cinema porno’ (qui siamo nel 2019). Sulla questione intervenne anche Gigi Proietti che, nel 2020, invitava a ‘recuperare l’originale’.
‘Guerra’ Bandecchi-Melasecche sul Verdi
Come non ricordare poi l’infuocato intervento dell’allora assessore regionale, Enrico Melasecche, contro Bandecchi e la sua amministrazione, in occasione dell’allestimento della gru che avrebbe di lì a poco demolito il Verdi polettiano. Una vera e propria ‘tirata’ che inasprì i rapporti con la giunta Tesei di centrodestra, la stessa con la quale poi si trovò un accordo per le future elezioni regionali. Ma questa sarebbe un’altra storia.
Teatro Verdi, via il ridotto
Intanto è stato tolto il ‘teatro ridotto’ contenuto nel primo stralcio dell’opera, soluzione da sempre osteggiata dai polettiani e dalle varie maestranze che nel teatro ci lavorano: in sostanza era prevista una gradonata che avrebbe taglia in diagonale platea e palchetti per ottenere una sala polifunzionale interrata da 150 posti. “Oltre a venire incontro alle esigenze di un’anima particolarmente sensibile all’arte della città – spiega l’assessore Maggi a TO – in questo modo si guadagna tempo sui lavori e, soprattutto, si mettono in sicurezza alcune abitazioni molto vecchie della zona che potrebbero avere dei danni per le sollecitazioni prodotte dal cantiere, nonostante tutto sia costantemente sotto controllo da apparecchiature che misurano vibrazioni”. Sempre l’assessore Maggi aveva già reso noto che si punterà all’innalzamento del golfo mistico e si lavorerà per ottenere un’acustica di eccellenza con l’ausilio di un tecnico che guiderà i lavori.
Tutto è possibile con Bandecchi
Se l’assessore Maggi ha tutto l’interesse per non perdere i fondi PNRR va però detto che ancora la partita non è chiusa perché Stefano Bandecchi potrebbe stupire tutti se riuscisse a trovare investitori privati. In che modo? Il sindaco di Terni, recependo tutte le istanze dei polettiani potrebbe benissimo decidere di rivedere tutto il progetto di restauro, rinunciare ai soldi del PNRR e finanziare il restauro secondo il modello originale con fondi privati. Per vari motivi questa possibilità non sembra molto percorribile, ma, secondo quanto appreso da TO, non è totalmente da escludere.