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Strage Umbria Olii, ecco le colpe di Del Papa “accettò il rischio” – Per questo morirono 4 operai

Carlo Ceraso
Se Del Papa avesse svuotato i serbatoi avremmo ragionato non già su un disastro di immani proporzioni, bensì sul semplice danneggiamento meccanico di un silos”. E’ uno dei passaggi della sentenza depositata in questi giorni dal giudice di Spoleto Alberto Avenoso che ha condannato l’imprenditore oleario Giorgio Del Papa (nella foto a destra) a 7 anni e mezzo di reclusione per la strage di Campello del 25 novembre 2006 dove morirono 4 operai della ditta Manili di Narni, tra i quali lo stesso titolare.
Tuttoggi.info ha potuto visionare le motivazioni del dispositivo di primo grado sulla vicenda che sconvolse l’intera regione dell’Umbria e la stessa Nazione. Il magistrato, nelle 200 pagine che sono state notificate in queste ore agli avvocati, ha così ritenuto non fondato il quadro della difesa, affidata all’avvocato Giuseppe La Spina, che aveva puntato il dito su un errore del gruista, l’unico sopravvissuto: “l'ipotetico accoglimento della tesi sostenuta dalla difesa in ordine alla dinamica del sinistro non muti in alcun modo il quadro delle responsabilità, ed anzi lo rafforzi” ha scritto il giudicante. Anche perché i quattro operai – Maurizio Manili (42 anni), Giuseppe Coletti (48), Tullio Mottini (46 anni) e Vladimir Todhe (32) – erano ignari dei rischi che stavano correndo nel lavorare su “silos consapevolmente non svuotati dal datore di lavoro (Del Papa, n.d.r.)” e “non potevano avere cognizioni specifiche in tema di interazione tra il surriscaldamento del metallo del serbatoio per effetto di una sua eventuale torsione o di un suo strappo e l'olio di sansa grezzo contenuto nel serbatoio […]….. operavano in sostanza “al buio”, su silos che l'appaltante non solo non aveva svuotato del tutto, ma che non aveva alcuna intenzione di svuotare/bonificare…..se il Del Papa avesse effettivamente provveduto a svuotare i serbatoi, avremmo a questo punto ragionato non già su un disastro di immani proporzioni, bensì sul semplice danneggiamento meccanico di un silos».
Non è tutto. La pena, come si ricorderà, teneva conto anche delle accuse di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro e di getto di cose pericolose. Sotto il primo aspetto il giudice Avenoso ha riconosciuto quanto sostenuto dalla pubblica accusa (il procuratore Gianfranco Riggio e il sostituto Federica Albano) ovvero che l’area di stoccaggio non aveva un impianto antincendio adeguato. L’impianto “si è rivelato totalmente inadeguato da potersi ritenere sostanzialmente inesistente, anche parametrandolo ad un deposito di olii tradizionali». I silos, infatti, erano più numerosi di quelli indicati nel certificato rilasciato dalle competenti autorità e che, cosa di non poco conto, era scaduto da due anni. Il comportamento tenuto da Del Papa non può essere considerato come “una semplice negligenza/dimenticanza, bensì di una consapevole accettazione del rischio conseguente”. Parole che pesano come macigni.
Il deposito della sentenza consente ora all’avvocato La Spina e ai periti di parte di impostare il lavoro per ricorso in appello che lo stesso difensore aveva annunciato dopo la lettura della sentenza.

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