È una storia di grave disagio familiare, economico e sociale che affligge da anni una donna di origine marocchina di 37 anni e di suo figlio di cinque. La prima richiesta di aiuto della donna risale al 2011 quando chiese l’intervento della Polizia per lite con il proprio convivente, un cittadino di origine tunisina di 32 anni, all’epoca agli arresti domiciliari per fatti legati allo spaccio di droga.
Da allora al sostentamento del nucleo familiare ci ha pensato la donna, con saltuari lavoretti come collaboratrice familiare. Ma il convivente non ha smesso nel tempo di delinquere, senza invece occuparsi della compagna e del figlio, aggravando la situazione già compromessa della famiglia. Tanto che la donna aveva già chiesto ed ottenuto, nel febbraio di quest’anno, di essere accolta in una struttura protetta. Il tutto era scaturito dal fatto che l’uomo aveva provato ad avvicinarla, nonostante la donna avesse deciso, dopo l’ennesima lite, di andarsene di casa.
L’uomo era riuscito a raggiungerla mentre la donna era andata a scuola per prendere il figlio. A quel punto la donna aveva richiesto l’intervento della Polizia. L’uomo era già noto alle forze dell’ordine per il coinvolgimento in fatti in materia di stupefacenti, reati contro il patrimonio e violazioni della disciplina sull’immigrazione. Era inoltre già indagato per maltrattamenti in famiglia, lesioni e violenza privata nei confronti della convivente: ad aprile di quest’anno l’Autorità Giudiziaria aveva disposto la sospensione della potestà genitoriale sul figlio.
Eppure a giugno la situazione era nuovamente degenerata tanto che l’uomo, in un ennesimo scatto d’ira, aveva distrutto i mobili di casa e si era messo all’inseguimento della convivente che era riuscita ad allontanarsi da casa con il bambino e a trovare riparo in attesa dell’intervento della volante. Rintracciato dai poliziotti mentre cercava di raggiungere la convivente, il 32enne è stato tratto in arresto e rinchiuso nel carcere di Capanne. In seguito all’udienza di convalida gli erano stati concessi gli arresti domiciliari.
Adesso, per decisione del Giudice per le indagini Preliminari di Perugia, al detenuto è stato applicato il braccialetto elettronico per scongiurare l’evenienza che possa allontanarsi dal suo domicilio e cercare nuovamente la ex convivente, attualmente ospite di una struttura protetta.
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