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Stop aborto farmacologico, la mobilitazione femminista e della Cgil, lo scontro politico

Stop all’aborto farmacologico senza ricovero, è polemica sulla delibera della Regione Umbria. I consiglieri regionali dell’opposizione, Bori, Meloni, Paparelli, Porzi e Bettarelli (Pd), De Luca (Movimento 5 Stelle) e Bianconi (Misto) accusano la Giunta regionale di aver “complicato in maniera strumentale l’accesso all’interruzione della gravidanza farmacologica”.

La presidente Tesei – scrivono – riporta indietro le lancette della storia
ai tempi in cui venivano negati i diritti delle donne, al solo scopo di
assecondare il volere dell’ultraconservatore senatore Pillon, suo collega
di partito
”.

Proprio il senatore Pillon era stato il primo a dare la notizia della delibera che annullava quella assunta dall’amministrazione Marini. Ora, senza la possibilità di un aborto farmacologico su prescrizione medica, le donne che vogliono interrompere la gravidanza devono farlo ricoverandosi in una struttura sanitaria.

Il centrodestra: è la sinistra che lascia sole le donne

Ma il centrodestra assicura pieno sostegno alla scelta della Giunta
regionale guidata da Donatella Tesei e sottoscritta dall’assessore Coletto.
Stupisce che la sinistra ancora sia convinta che lasciare sole le donne in un
momento tanto difficile, sia un modo per aiutarle
”, replicano i consiglieri
regionali della Lega , Paola Fioroni, Francesca Peppucci, Stefano Pastorelli,
Daniele Carissimi, Enrico Melasecche, Daniele Nicchi, Valerio Mancini,
Eugenio Rondini.

Al contrario – scrivono in una nota – le direttive del Ministero
indicano con chiarezza la necessità dell’assunzione della pillola abortiva
in regime di ricovero, proprio per poter intervenire con immediatezza qualora le purtroppo non infrequenti complicazioni mettano in pericolo la salute della donna
”.

Studieremo insieme anche delle risposte di natura economica – assicurano – per garantire aiuti immediati alle donne con una gravidanza difficile e poterle aiutare a scegliere per la vita”.

De Luca (M5s): vogliono farla passare come una tutela della donna

Anche il capogruppo del Movimento 5 stelle, Thomas De Luca, aveva subito attaccato l’esultanza di Pillon per la delibera della Giunta regionale: “La cosa peggiore è che vogliono farla passare come una tutela della donna, barricandosi dietro ad una grandissima ignoranza, poiché i farmaci vengono somministrati in ospedale, in regime di day hospital, sotto stretto controllo medico al quale le donne sono sottoposte prima di tornare al proprio domicilio“. Pillon, infatti, aveva parlato di pillola per l’aborto “a domicilio”.

De Luca parla di “ritorno all’oscurantismo” e conclude: “Dopo questa quale sarà la prossima mossa così illuminata della Giunta regionale? ‘Donne a casa a badare ai figli e uomini a lavoro’, oppure rispolveriamo il tribunale dell’inquisizione e iniziamo a perseguitare qualche strega. Cari umbri rispolverate torce e forconi che l’oscurantismo sta tornando”.

La Cgil all’attacco: la Regione contro l’autodeterminazione delle donne

La Regione Umbria sceglie di accanirsi contro le donne, la loro libertà ed autodeterminazione e lo fa con un provvedimento fortemente ideologico che riporta l’Umbria indietro di anni, allontanandola dal resto d’Europa”. È duro il giudizio della Cgil dell’Umbria. rispetto alla scelta della giunta Tesei, su spinta dell’assessore leghista alla Sanità Luca Coletto, di abrogare la delibera regionale approvata nel dicembre 2018, che dava indicazione agli ospedali umbri di organizzare con day hospital il servizio per la interruzione volontaria della gravidanza (IVG) farmacologica.

In pratica – affermano per la Cgil dell’Umbria Barbara Mischianti e Fabrizio Fratini – si nega alle donne la possibilità di scegliere il metodo meno invasivo per loro, imponendo un ricovero per 3 giorni e rendendo sempre più difficile il percorso per ottenere l’aborto farmacologico, il tutto con un evidente aggravio di costi per il sistema sanitario e per giunta andando ad intasare ulteriormente gli ospedali in epoca di Coronavirus”.

Riteniamo la scelta della Regione assolutamente sbagliata e penalizzante – concludono Mischianti e Fratini – e per questo la Cgil è pronta a mobilitarsi al fianco delle associazioni delle donne”.

“Un accanimento contro le donne”

Anche la Cgil di Perugia giudica inaccettabile e “inutile l’accanimento contro le donne” della giunta regionale dell’Umbria, che ha deciso di annullare la possibilità di ricorrere all’aborto farmacologico in regime domiciliare o di day hospital. “È una scelta inaccettabile – scrivono in una nota le segretarie Vanda Scarpelli, Elisabetta Masciarri e Giuliana Renelli, insieme al coordinamento donne dello Spi Cgil di Perugia – una pesante azione contro la volontà di autodeterminazione delle donne, peraltro compiuta con un aumento dei costi complessivi. Ricordiamo che la Cgil di Perugia già da tempo aveva richiesto la possibilità di utilizzo della Ru senza ricorrere all’ospedalizzazione e un rafforzamento dei servizi consultoriali in tutta la provincia. Servizi ad oggi in parte chiusi o comunque depotenziati”.
La pandemia dovrebbe aver evidenziato quanto la sanità territoriale vada rafforzata e non depotenziata in un’ottica tutta ospedalo-centrica – continuano dalla Cgil di Perugia – Chiediamo quindi che la Giunta riveda questa decisione, rafforzi ed ampli i servizi consultoriali e nel caso contrario non esiteremo a promuovere una larga mobilitazione”.

La mobilitazione delle associazioni femministe

E poi c’è la mobilitazione delle associazioni femministe umbre. Per le quali le nuove procedure imposte alle donne che vogliono interrompere la gravidanza ne limitano il diritto all’autodeterminazione. E’ quanto viene spiegato in una lunga nota firmata da UDI Perugia; NUDM Perugia; NUDM Gubbio; ” La città delle Donne- APS” Gubbio; RAV Perugia; Democratiche Umbre; CAV di Orvieto – L’albero di Antonia; Ass. Il Filo di Eloisa- Orvieto; Associazione Terni Donne; Associazione nazionale VitadiDonna.

Si può cercare di raggiungere il paradiso in vario modo. Una modalità, secondo i leghisti della Regione Umbria – inizia così il documento – è quello di rendere difficile la vita delle donne, la loro libertà, la loro autodeterminazione. Così la maggioranza di destra del Consiglio regionale umbro ha abrogato la delibera regionale faticosamente ottenuta nel dicembre 2018, dopo 8 anni di insistenza e di lotte anche contro la recalcitrante giunta Marini. Si dava così indicazione agli ospedali umbri di organizzare con day hospital il servizio per la interruzione volontaria della gravidanza (IVG) farmacologica, dando la possibilità alle donne che decidevano di interrompere la gravidanza, di poter scegliere, il metodo meno invasivo per loro, che meglio si adatta alle loro esigenze e farlo in modo accessibile. Invece, in Umbria non sarà più così. Che sarebbe tutta questa autodeterminazione! Ricoveriamole per 3 giorni, rendiamo sempre più difficile il percorso per ottenere l’aborto farmacologico, impediamo che si possa anche spendere meno ed evitare in epoca COVID di stare in Ospedale a lungo! Questo è stato ottenuto dalla Giunta Tesei con plauso di Pillon ed amici“.

Nel documento si ricorda che l’aborto farmacologico all’estero viene usato dalla maggioranza delle donne, con percentuali crescenti. In Italia (ultimi dati 2018 della sorveglianza IVG del Ministero Salute) solo dal 18%, in Umbria dal 5%”. E questo perché per la donna è “una corsa a ostacoli“.

La situazione in Umbria

Si era con difficoltà arrivati nel 2019 ad avere almeno un Ospedale nella provincia di Perugia (Pantalla e poi dopo COVID, Umbertide) e due nella provincia di Terni (Orvieto e Narni) – ricordano – che mettessero in atto la procedura di IVG farmacologica. Nei 2 ospedali più grandi, dedicati anche all’insegnamento universitario non è mai stato organizzato. A Terni si offrono alle donne solo 3 IVG chirurgiche ogni settimana e 5 a Perugia, significa quindi che vi sono lunghi tempi di attesa per gli interventi chirurgici (in media 3 settimane), che con la IVG farmacologica, senza sala operatoria e anestesia, si ridurrebbero molto. Questo faticoso piccolo avanzamento che ci faceva essere meno arretrati anche solo dal punto di vista scientifico, da ora viene messo in discussione. I dati su IVG medica riportati dalla relazione del Ministro, mostrano che nelle regioni in cui vi è obbligo di ricovero, nel 95% dei casi le donne firmano ed escono su loro responsabilità. Forse tutta questa protezione … dalle donne, non è così richiesta!“.

Le indicazioni della Sigo

E ricordnao che la SIGO (Società Italiana Ginecologi ed Ostetrici) ha affermato l’8 aprile 2020 che “si dichiara favorevole a una maggiore diffusione dell’aborto farmacologico, a tutela della salute e dei diritti delle donne”. Raccomandando, affinché si realizzi una piena applicazione della procedura farmacologica, le seguenti modifiche: spostare il limite del trattamento da 7 a 9 settimane; eliminare la raccomandazione del ricovero in regime ordinario dal momento della somministrazione del mifepristone a momento dell’espulsione; introdurre anche il regime ambulatoriale che prevede un unico passaggio nell’ambulatorio ospedaliero o in consultorio, con l’assunzione del mifepristone, e la somministrazione a domicilio delle prostaglandine, procedura già in uso nella maggior parte dei Paesi europei.

“In Umbria – concludono – si vuole andare nella direzione opposta e sostenere che questo è a favore della salute femminile. E’ tempo che qui in Umbria, come nel resto d’Italia, le donne si facciano sentire, che la contraccezione torni gratuita, che pretendano che i consultori tornino in grado di funzionare adeguatamente, che il personale e le strutture siano adeguati e formate per rispondere alle esigenze di chi vi abita”.

Aggiornato alle ore 19.15