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Spoleto celebra i 50 anni del Ceis “Don Guerrino Rota”, oggi convegno sulle dipendenze

Redazione

Spoleto celebra i 50 anni del Ceis “Don Guerrino Rota”, oggi convegno sulle dipendenze

I 50 anni del Centro di Solidarietà “Don Guerrino Rota”: dalla sua nascita sono passati per le strutture di Spoleto circa 8000 ragazzi con dipendenze
Ven, 11/04/2025 - 12:35

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La città di Spoleto celebra i 50 anni di attività del Ceis, attualmente Fondazione Centro di Solidarietà “Don Guerrino Rota”. E lo fa oggi (11 aprile) con un convegno dal titolo “Le dipendenze: problema di ieri e di oggi” in programma dalle ore 15, presso i locali della chiesa del Sacro Cuore a Spoleto.

Il programma del convegno

Si inizierà con i saluti istituzionali di: mons. Eugenio Bartoli, presidente della Fondazione; Stefania Proietti, presidente della Giunta regionale dell’Umbria; Andrea Sisti, sindaco di Spoleto; mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia. Poi, l’avv. Giorgio Pallucco, esperto in organizzazione sanitaria, modererà i lavori della tavola rotonda, cui prenderanno parte: il dott. Leopoldo Grosso, psicologo e psicoterapeuta, presidente onorario del Gruppo Abele di Torino, che parlerà sul tema “La comunità terapeutica per persone tossicodipendenti: nuove problematiche e rinnovate strategie di intervento”; la dott.ssa Laura Pigozzi, psicoanalista e psicologa clinica, docente della Società Italiana di musicoterapia psicoanalitica, parlerà di “Quali antidoti alla dipendenza giovanile?”; l’avv. Luciano Squillaci, presidente della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche, parlerà dell’”Evoluzione delle Comunità terapeutiche nelle diverse realtà regionali tra prevenzione, trattamento e risocializzazione”.

La storia del Centro di solidarietà “Don Guerrino Rota”

Per spiegare le origini del Centro di Solidarietà di Spoleto riprendiamo le parole che l’arcivescovo mons. Ottorino Pietro Alberti (alla guida della Chiesa di Spoleto – Norcia dal 1973 al 1988) scrisse nel 2010 per il periodico diocesano Chiesa in Cammino: “Nel corso dell’omelia che tenni nel duomo di Spoleto in occasione della festa di San Ponziano il 14 gennaio 1974, nel ricordare il dovere di ringraziare il Santo invocato da secoli per allontanare dalla città il flagello del terremoto, mi venne spontaneo aggiungere: invochiamolo anche per allontanare da Spoleto il flagello della droga. Mi rendevo conto, ogni giorno di più, soprattutto come vescovo,che non bastava fermarsi alla denuncia e chiamare in causa gli altri. Era necessario agire. Mi furono di grande aiuto degli incontri avuti con don Mario Picchi, apprezzato fondatore del Centro Italiano di Solidarietà. Nel riflettere su quali iniziative avrei potuto prendere, non mi ci volle molto per rendermi conto che avevo bisogno non di un semplice collaboratore, ma di qualcuno che con coraggio assumesse in prima persona il tremendo onere di dare avvio a una missione, che avrebbe richiesto una totale dedizione del proprio tempo e delle proprie energie. Pensai, da subito, a don Guerrino Rota, e le speranze in lui riposte non andarono deluse. Demmo inizio a questa avventura confidando nella Divina Provvidenza”.

Le parole di mons. Eugenio Bartoli

Don Guerrino Rota fu da subito affiancato in questa nuova avventura da don Eugenio Bartoli, attuale presidente della Fondazione. “Dopo l’omelia dell’arcivescovo Ottorino Pietro Alberti – ricorda – con don Guerrino ci siamo messi all’opera e abbiamo avviato un’azione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul problema della droga. Ricordo, ad esempio, la diffusione di questionari agli studenti di tutte le scuole superiori dell’Umbria e delle tavole rotonde a Palazzo Ancaiani con esperti nel campo delle dipendenze. Poi, nella casa canonica di Maiano di Spoleto abbiamo iniziato anche ad accogliere giovani dipendenti da droga e alcol, ragazzi scappati da casa che provenivano dalla Lombardia, dalla Sicilia e dal Lazio: facevamo una vita di convivenza e nel frattempo lavoravamo alla sistemazione della canonica di Terraia, che sarebbe divenuta la prima sede dell’accoglienza. Con don Guerrino siamo andati a formarci alla scuola del Ceis di don Mario Picchi a Roma, per gettare così le basi di un percorso terapeutico chiaro e solido. Abbiamo appreso la teoria dalla pratica: per un anno, infatti, siamo stati residenti in comunità, come lo erano i ragazzi ospiti. All’inizio la nostra accoglienza era semiresidenziale: il giorno i ragazzi, che provenivano da varie Regioni d’Italia, stavano a Terraia e la sera andavano con un familiare in un appartamento preso in affitto a Spoleto. A Torrecola, sulla Somma, ha avuto inizio a Spoleto l’attività vera e propria del Centro, in una villa messa a disposizione dai coniugi Dante ed Evelina Bonagurelli. Successivamente abbiamo avviato la fase del reinserimento sempre a Terraia; l’accoglienza nel tempo è stata trasferita nella struttura Il Mulino in località Protte e sono poi state aperte comunità a Pettino e a Fabbreria. Il 1° novembre 1989, però, – prosegue il presidente Bartoli – don Guerrino muore improvvisamente di infarto: è stato un momento di sconvolgimento, destabilizzazione e paura, ma è stato anche il motivo che ci ha dato forza e coraggio per andare avanti. Da lì tante altre cose sono state fatte”. 

50 anni meravigliosi

“Pur con tutte le difficoltà – dice ancora don Eugenio – sono stati anni meravigliosi. Ho pure sperimentato la solitudine nel dover fare delle scelte per il bene del Centro. Però sono orgoglioso soprattutto perché non abbiamo mai trasformato il Centro in un’azienda, siamo sempre rimasti fedeli ai valori fondativi: umanità, accoglienza, nessun giudizio, gratuità. Siamo nati nella povertà e viviamo ancora nella povertà: ogni giorno siamo impegnati a trovare fondi che integrino le rette delle Asl, che non bastano. Per fare tutto questo bisogna crederci, avere umiltà, passione e pazienza. Tengo a precisare – dice il presidente del Centro – che la riuscita del percorso terapeutico è alta e questo risultato è il frutto di un costante e duro lavoro: la comunità non fa lavaggio di cervello, ma serve e aiuta solo se c’è la collaborazione della persona e della famiglia. Il percorso non è per niente facile: c’è, infatti, una severità di regole e comportamenti che serve a far riscoprire alla persona quei valori messi sotto alla cenere a causa delle dipendenze”.

Il Centro “Don Guerrino Rota” oggi 

La Fondazione suddivide la sua attività in cinque case, con sei progetti: una a Maianouna a Protte,una a Fabbreria, una a Camposalese (con due progetti) e una a Castel Ritaldi. Attualmente gli ospiti sono circa 110 e le persone che vi lavorano sono 45, più tre psichiatri consulenti. In questi 50 anni sono passati per il Centro di Spoleto circa 8000 ragazzi.

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