Robert Carsen era un giovanissimo assistente di Filippo Sanjust (che ricordiamo a Spoleto come regista del Duca D’Alba del 1959 ndr.), quando per la prima volta venne a Spoleto come stagista al Festival (non retribuito) nei primi anni ’80. Oggi che è un acclamato regista di fama internazionale il suo ritorno a Spoleto, memore della linfa teatrale succhiata in quel tempo, non poteva che essere scoppiettante come spesso erano anche alcuni lavori festivalieri dell’epoca. Volutamente dissacranti, critici con la società del momento e con le convenzioni sociali.
Si prenda dunque un operetta del ‘700, conosciutissima e considerata la vera prima commedia musicale della storia, The Beggar’s Opera di John Gay, e la si rimescoli a tal punto da farla diventare una sorta di Trainspotting, vent’anni dopo. Per ottenere un effetto convincente ci vogliono tutti gli armamentari della modernità, come i tablet al posto del leggio per l’Ensemble di musica barocca o PC portatili per tenere la contabilità dei furti e delle magagne criminali del capobanda Peachum. E sciccheria delle schiccherie il fantastico IPhoneX usato come uno specchio per tirare strisce di coca.
Tutti si drogano, bevono senza sosta e fanno sesso come capita. L’unica differenza con il rimando storico settecentesco, è che in quel tempo forse si beveva molto di più, considerato che la vita media era sensibilmente più corta dell’attuale dove invece i farmaci consentono qualche upgrade migliorativo.
Per il resto nulla è cambiato. Il sesso muove il mondo, le dinamiche familiari di chi delinque sono al limite dell’indecenza incestuosa, i soldi determinano lo status, i politici sono solo corrotti e la giustizia è inversa. Chi delinque, truffa e ammazza senza sosta comanda e chi amministra, si adegua. Il tradimento, meglio se incrociato e carpiato, è l’unico linguaggio conosciuto.
Sex & Drugs and Rock&Roll, diceva la famosa canzone di Ian Dury, solo che in questo caso trattasi di Sex & Drugs and Baroc&Roll. Appena un pò più delicata come condizione!
In una simile Babele, molto prossima, alle comunità underground del sottoproletariato inglese, di posti come il distretto industriale di Sheffield, non conta nemmeno più il valore della denuncia. Occorre solo osservare e fare un passo di lato, o meglio, oltre, solo se prima non si è morti ammazzati, o impiccati come sta per accadere al teppista, sex-addicted Macheath. Oppure ci si ride sopra per scongiurare il peggio. Una risata vi seppellirà.
E proprio perchè le cose cambiano, ma non sempre in meglio, ricordiamoci qualche secolo dopo il debutto di Beggar’s Opera, due signori di nome Kurt Weill e Bertold Brecht che scriveranno l’Opera da Tre Soldi il cui protagonista è esattamente Macheath (Mackie Messer, o Mack the Knife).
Carsen è un regista che la sa lunga. In questa versione dell’Opera del Mendicante, risolve la questione scenica con una trovata geniale che è quella dei cartoni, o scatoloni che dir si voglia, che occupano interamente il palcoscenico e che per tradizione rimandano allo strumento “salvavita” del mendicante sotto al ponte.
Scatoloni che si aprono e chiudono secondo il bisogno e si muovono per diventare una camera da letto o un bar e persino un carcere. Il tutto accompagnati dai musicisti dell’ensemble Les Arts Florissants: