Un anno fa la grande scossa, la “botta grossa”, la più forte dagli anni ’80 in Italia, il terremoto di 6.5 gradi con epicentro Norcia. La Valnerina (con danni seri anche in varie altre parti dell’Umbria) piomba nel dramma, il sisma distrugge quello che era rimasto in piedi dopo le scosse del 24 agosto e del 26 ottobre. Ci sono feriti, anche gravi, una ragazza è salva per miracolo travolta dal crollo di Porta Ascolana, a Norcia, ma fortunatamente nessuna vittima. La popolazione in fretta e furia viene invitata a lasciare questa terra per recarsi negli alberghi nella zona del lago Trasimeno, una situazione di emergenza visto che le tende dopo il terremoto di agosto sono state smontate in fretta e furia su disposizione della protezione civile nazionale. Bisognava dare un segnale di ritorno alla normalità, di ripartenza.
Terremoto un anno dopo, tra eventi, inaugurazioni e ritardi
Oggi, dopo un anno da quel drammatico 30 ottobre 2016, il ritorno alla normalità è lontano. Storie di ripartenza ce ne sono, ma a far loro da contraltare ce ne sono altre drammatiche. Gli aiuti messi in campo dallo Stato sono diversi, ma ci sono anche tante situazioni particolari e casi specifici che sono difficili da governare.
Mentre a Norcia, Cascia e Preci, ma anche a Spoleto, si tengono iniziative per ricordare quei momenti (stamattina il clou con il momento di preghiera in piazza San Benedetto alle 7.40 con l’arcivescovo Renato Boccardo ed i monaci benedettini, ma anche il capo della protezione civile Angelo Borrelli e la presidente della Regione Catiuscia Marini) in tanti sono ancora senza un alloggio fisso (circa 200 le Sae assegnate su quasi 700 richieste); oltre 300 persone sono ancora in albergo; il cas (contributo per l’autonoma sistemazione) continua ad arrivare agli aventi diritto a singhiozzo; i negozi e le attività commerciali solo in minima parte hanno riaperto, nelle sedi storiche o in strutture provvisorie.
Mentre dalla Chiesa arriva incessante il grido d’allarme a far presto nell’aiutare le persone (il Segretario di Stato del Papa, cardinale Parolin, ieri a Norcia ha chiesto con forza di “portare a termine le opere progettate e quelle avviate,snellendo nei limiti del possibile le procedure” ed aiutare la popolazione evitando lo spopolamento di questi luoghi) a raccontare il proprio dramma è Attilio Salaroli. Quarantaquattro anni, di Cascia, fino a un anno fa lavorava a Norcia, così come sua moglie. Per colpa del terremoto, però, entrambi hanno perso il lavoro. La casa no, quella è rimasta per fortuna agibile. Anche se così non hanno potuto usufruire di quello che per molti in questi mesi è stato un sussidio indispensabile ad andare avanti, il Cas, contributo per l’autonoma sistemazione. Sono comunque arrivati i 5mila euro una tantum previsti dal Governo, ma sono serviti a malapena a saldare i debiti fatti per poter mandare avanti la famiglia, composta anche da due figli. E per poter sopravvivere, dopo tanti appelli per trovare un lavoro, anche fuori regione, la famiglia Salaroli è costretta a chiedere aiuto alla Caritas. A raccontare la loro storia sono loro stessi, in una lettera aperta – sfogo a un anno dal sisma che ha cambiato loro la vita.
La lettera aperta della famiglia Salaroli
“Sono Attilio Salaroli, piccolo imprenditore di 44 anni, residente con la mia famiglia a Cascia. E’ ormai passato un anno: con il terremoto del 30 ottobre, io e mia moglie abbiamo perso tutte le nostre attività e, di conseguenza, tutte le nostre entrate economiche per perdita di lavoro nel comune di Norcia. Io prestavo opera di lavoro autonomo presso il teleriscaldamento urbano di Norcia, completamente andato distrutto; insieme a mia moglie avevamo creato un centro denominato “Centro Nursia salute e benessere”, dove lei era responsabile tecnica e lavoratrice autonoma. Nel Centro venivano svolte ginnastiche posturali, riabilitazione in acqua, terapie manuali osteopatiche, fitness terrestre e in acqua. C’erano la grotta del sale, la sauna e il percorso idromassaggio. Tutto questo è andato perso. Infatti, per rischio di crollo esterno all’edificio, poiché la nostra struttura risulta essere agibile, ci hanno vietato l’ingresso, con ordinanza comunale. Noi, in termini tecnici, abbiamo la lettera C per la nostra struttura, ma F per l’esterno – appunto, inagibilità per rischio esterno.
Da allora siamo andati in completa sofferenza, perché il Centro salute era nato da appena 8 mesi. Vi impiegammo tutto quel che avevamo in famiglia e non solo. Avevamo iniziato solo il 3 ottobre 2016 e, appena tre settimane dopo, con il terremoto del 26 di Castelsantangelo su Nera, già avevamo cominciato ad avere guai seri. La mazzata è arrivata con la scossa del 30. La mia casa è rimasta agibile e per questo non ho diritto al CAS: così si sono fatti figli e figliastri, dividendo le famiglie in quelle col CAS (anche quelle fuori per un comignolo rotto) e quelle senza CAS, quando poi il CAS veramente arriva. Io, oggi, purtroppo, con queste condizioni di legge, avendo casa agibile, ma non avendo più l’attività, non ricevo nulla: ma cosa dovrei far mangiare ai miei figli? I mobili? A maggio 2017 siamo riusciti a ricevere i ‘famosi’ 5.000 euro una tantum della Regione; purtroppo non sono nemmeno bastati per restituire denaro alle persone che ce lo hanno prestato per campare da novembre 2016! Abbiamo cercato lavoro, inviando centinaia di curriculum, ma purtroppo ci viene detto che per l’età che abbiamo, costiamo troppo come contributi: avendo dallo Stato incentivi per giovani sotto i 30 anni, preferiscono assumere loro… Si pensava alla delocalizzazione, strada non percorribile per le caratteristiche intrinseche della nostra attività e per il fatto che, se decidessero di demolire il palazzo oggetto della mia chiusura attività, noi avremmo l’obbligo di rientrare dopo un mese: ma questo potrebbe accadere tra anni. E intanto? A questo punto non abbiamo più niente e anzi, Unicredit, non essendo attuata dai decreti nazionali la moratoria per i prestiti personali, ci sta pure mandando tanto di raccomandata per recupero legale del debito. Né ci sono prospettive per i figli, uno di 10 anni e uno di 25.
Nel mese di marzo, con mia moglie, abbiamo deciso di andare a fare la stagione lavorativa al mare: dramma nel dramma. Il primo hotel chiuso appena dopo 25 giorni dal Tribunale per sfratto; il secondo, dopo 18 giorni, chiuso dall’Ispettorato del lavoro. Un calvario durato fino a metà maggio, riuscendo in due a portare a casa a malapena € 1.500 (millecinquecento). A questo punto, rientrati, abbiamo deciso di rivolgerci alla Caritas per chiedere aiuto. Mi sento ferito e umiliato dallo Stato, perché, io, lavoro e pago le tasse da quanto avevo 18 anni. Io mi domando – da italiano – come si può far morire e distruggere una famiglia in questo modo orribile. Alla stesura dell’ordinanza di chiusura attività, a nessuno è venuto in mente: ma questa gente da oggi come camperà? È una situazione vergognosa. Si stanno spendendo soldi in tutti i modi e maniere, ma, oggi, dai cosiddetti legislatori, mi viene detto che non hanno alcun mezzo che possa risolvere il nostro problema. Mi sento tradito e derubato dei miei diritti. Sono veramente deluso. Ogni giorno matura sempre di più la voglia di lasciare l’Italia, che pure amo da morire, ma è gestita da persone irresponsabili, attive solo per i propri benefici: è ora di farla finita. Ripeto: sono italiano, amo l’Italia e voglio rimanerci.
Da dicembre sta maturando l’idea di riprovare a fare la stagione invernale, non nascondendo che, dopo l’accaduto, proviamo molto timore. Abbiamo trovato dei gestori che potrebbero far lavorare sia me che mia moglie, dividendoci in strutture e alloggi separati, ma con la possibilità di portar dietro il nostro figlio minore per fargli finire la scuola in famiglia. Questo porterebbe al nostro bambino un nuovo reinserimento, nuovi amici, nuovi insegnanti, nella speranza di una degna integrazione. Io spero che questo mio sfogo possa essere condiviso dalle persone. E che ognuna comprenda, con una mano sul cuore, le difficoltà di portare avanti una famiglia in questo modo: non posso essermi salvato dal terremoto, con la mia famiglia, per poi vederla distruggere a causa delle pessime scelte della politica”.
Le istituzioni e i commenti della politica
Mentre il Governo nazionale ed il nuovo commissario straordinario alla ricostruzione Paola De Micheli sono pronti a varare nuove misure (annunciate già da qualche settimana ma che sembrano ancora tardare ad arrivare), le istituzioni locali e la politica intervengono su quanto è stato fatto e quanto rimane da fare.
“Collaborazione, coesione e ripartenza attraverso l’identità della nostra regione. Su questo l’Umbria è chiamata a misurarsi come Istituzione, come comunità sociale, ma anche come sistema economico”. Così la presidente dell’Assemblea legislativa dell’Umbria, Donatella Porzi, nel giorno in cui si ricorda il primo anniversario del terremoto del 30 ottobre 2016. “Una scossa che squassò il cuore stesso della nostra identità, sgretolando monumenti come la Basilica di San Benedetto di Norcia”. “Il sistema Umbria – assicura la presidente Porzi – è schierato in prima linea per la rinascita di un territorio ferito dal sisma, ma che, come dimostra la storia, è abituato a ripartire, rimboccandosi le maniche con tenacia. Per questo, nonostante qualche problematica che potrà emergere, gli abitanti della Valnerina non sono soli, così come non lo è stata l’Umbria nella fase dell’immediata emergenza. L’auspicio che voglio esprimere è che, sulla ricostruzione post terremoto, si possano mettere al bando le divisioni e i contrasti e che si possa lavorare tutti insieme con un unico obiettivo”.
Il Movimento 5 stelle, attraverso il capogruppo regionale Andrea Liberati, indica invece tre priorità su cui si deve lavorare: “Ad un anno dal sisma che ha sconvolto un pezzo pregiato del nostro Appennino, della nostra terra, non è tempo di polemiche, ma di memoria. Sarebbe facile indugiare proprio oggi sulle cose che non vanno, sulle migliaia di sfollati tuttora in soluzioni di emergenza, sullo spopolamento ancora in atto, sugli affari del post emergenza, sulle macerie sempre lì, sulle strade chiuse, sulla burocrazia folle, sulle famiglie indebitate e senza contributi, sull’assenza di prospettive per la montagna, che va avanti solo grazie alla forza e alle idee degli imprenditori, più soli che mai”. “Oggi – commenta Liberati – è il momento di ricordare la scossa del 30 ottobre, per addivenire a un bilancio di questo primo anno, individuando e ribadendo alcune priorità assolute: un tetto sicuro per tutti gli sfollati, evitando speculazioni e affarismi da colpire viceversa senza esitazione alcuna; misure innovative per la sicurezza degli edifici, con l’impiego di materiali idonei e duraturi, adatti a territori geologicamente delicatissimi e climaticamente complicati. Non si è però ancora raggiunta l’unanimità tecnica sulle soluzioni abitative, né vi è certezza sul contributo alla ricostruzione, che infatti non parte, né sulla sua congruità; assegnare aiuti veri e il ‘Cas’ (Contributo di autonoma sistemazione) anche agli imprenditori in crisi: non bastano una tantum, bonus o colpi di teatro. Se vogliamo restituire un domani all’Appennino, bisogna ripartire dalla creatività e dall’audacia, dalle aziende, dalle maestranze, da chi, soprattutto in simili condizioni, trova il coraggio di andare avanti e indebitarsi per un sogno di benessere familiare e sociale. Le imprese restano gli unici strumenti di sviluppo, turismo, cultura, attrattività, nel segno della sostenibilità”.
Il consigliere regionale Claudio Ricci (Rp) invita invece a decisioni incisive, fondi certi, burocrazia zero e più potere a livello locale. “Gli edifici danneggiati in Umbria sono circa 15mila – ricorda il consigliere di opposizione-. Gli sfollati oltre 6mila 500 di cui parte ha optato per l’autonoma sistemazione. Per quanto attiene alle casette, rispetto al numero di posti, quelle consegnate, a oggi, sono il 25 per cento del totale necessario in Umbria. I progetti autorizzati sono 19 fra ricostruzione ‘leggera’ e ‘pesante’. Sono evidenti, dunque i ritardi, la troppa burocrazia e le poche ‘risorse certe’ subito spendibili. Per il Centro Italia servono 23 miliardi di euro più altri 4-5 miliardi per i danni indiretti”. “Il nuovo Commissario di Governo – commenta Ricci –, pur nel rigoroso rispetto della persona e del ruolo, non include alcuna esperienza in tema di terremoti e ricostruzione. E questo non è accoglibile. I poteri di sindaci e presidenti di Regione sono molto, molto inferiori, a quelli del sisma del 1997. Nessuno decide, per timore di infrangere le leggi ormai inestricabili, nemmeno le macerie sono state tolte (meno del 15 per cento), di ponteggi provvisori ne furono fatti pochi, fra la scossa del 24 agosto e quella del 30 ottobre, i danni indiretti a turismo ed economia sono stati molto ampi, sino ad un meno 35 per cento delle presenze turistiche medie in Umbria. Le risorse disponibili per i danni indiretti, ad attività economiche e turismo, sono una ‘goccia’ nel mare”.
Il ringraziamento a forze dell’ordine, vigili del fuoco e volontari
La giornata odierna, prima a Norcia e poi a Cascia, è l’occasione anche per ringraziare i tanti che dallo scorso anno si sono dati da fare in Valnerina: forze dell’ordine, vigili del fuoco, volontari. A Norcia si è tenuta una cerimonia organizzata dal Comune di Norcia, insieme alla stessa Regione Umbria, cui hanno partecipato, oltre allo stesso sindaco della città, Nicola Alemanno, anche la presidente dell’Assemblea legislativa regionale, Donatella Porzi, presente il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Angelo Borrelli, e l’ex Capo Dipartimento, Fabrizio Curcio. “Un gesto semplice, – ha commentato la presidente della Regione Catiuscia Marini – ma carico di un profondo sentimento di riconoscenza, per dirvi grazie di cuore per ciò che avete fatto. Per quanto ci siete stati vicini, sin dalla primissime ore di quel drammatico 30 ottobre dello scorso anno”. I riconoscimenti sono stati consegnati ai rappresentanti dell’Esercito, Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Copro Forestale, Vigili del Fuoco, Soccorso Alpino, Protezione civile nazionale e regionale, personale delle Soprintendenze, Regione, Province, Comuni, dei tanti Corpi dei Vigili Urbani, del sistema scolastico pubblico e di tutte le altre strutture pubbliche intervenute nella fase di emergenza e quelle successive, di assistenza alle popolazioni e messa in sicurezza del territorio e degli edifici.
“Grazie alla vostra solidarietà, al vostro straordinario lavoro – ha aggiunto Marini -, non ci siamo mai sentiti soli. Il vostro operato non è stato solo di grande professionalità, competenza e senso del dovere, ma è stato soprattutto carico di grande umanità. In quelle ore nei nostri cittadini, in noi tutti, c’era paura e preoccupazione e non eravamo nemmeno nelle condizioni di poter comprendere fino in fondo quali erano stati in drammatici effetti del nuovo, fortissimo terremoto. Ed in quelle ore la macchina del soccorso, della protezione civile è partita immediatamente, mettendoci nelle condizioni di poter subito pensare ad assistere le migliaia di persone rimaste senza casa. E successivamente, sempre la vostra costante presenza, il vostro operato svolto con serietà e professionalità, ci ha aiutati ad assumere anche tutte le decisioni che dovevamo prendere, sia per la gestione dell’emergenza, della messa in sicurezza e poi anche per l’avvio della ricostruzione. Per tutto questo a nome delle Istituzioni, ma anche di tutte le comunità di questa terra, rinnovo a tutti voi il mio grazie”.