“Cucinare significa dare, non certo rinunciare“. Lo dicono a gran voce le cuoche, le lavoratrici e i lavoratori della ristorazione collettiva, oggi riunitisi di fronte alla sede della Cgil di Perugia per il flash mob svoltosi in tutta Italia e organizzato proprio dai dipendenti del settore insieme ai sindacati. Grande, tra i presenti, la percentuale femminile. Un flash mob in maschera: “è carnevale e il carnevale ci piace, ma il nostro contratto non è uno scherzo – hanno spiegato – siamo donne, per lo più a part-time, con stipendi già molto bassi, che ci vorrebbero ridurre ancora di più. E poi, c’è il grande problema dei cambi di appalto, nei quali vengono tagliati posti di lavoro e diritti”.
Contratto scaduto – Dopo 32 mesi di attesa vogliono, anzi “pretendono” il loro contratto, fermo a sei anni fa. Loro sono le lavoratrici della ristorazione collettiva, che quotidianamente preparano da mangiare per bambine e bambini nei nostri asili, nelle nostre scuole, o per gli studenti fuori sede dell’università, o ancora per gli operai in fabbrica e i malati negli ospedali. La trattativa per il rinnovo del contratto nazionale è andata avanti per mesi, fino al 2 dicembre scorso, quando il negoziato si è interrotto “per le proposte inaccettabili delle parti datoriali Angem e Alleanza delle cooperative”, spiegano i sindacati.
Nel nuovo contratto che i datori vorrebbero sottoporre ai lavoratori la proposta è quella per la quale i dipendenti dovrebbero rinunciare alla quattordicesima, al pagamento per i primi tre giorni di malattia, si dovrebbero rivedere anche i permessi, a fronte del fatto che “di aumento non se ne parla“, essendo il contratto fermo a sei anni fa. E ancora: nel nuovo Ccnl si parla di riduzione del costo del lavoro, revisione della clausola sociale nei cambi di appalto, abbassamento delle tutele collettive e individuali, aumenti retributivi irrisori, sono le proposte che condizionavano il rinnovo del contratto. Tutte proposte che Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno rispedito al mittente, perché, spiegano, “avrebbero portato a un ingiustificato arretramento delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori”. Eppure, lamentano le stesse dipendenti, a lavorare per la refezione scolastica sono donne i cui mariti sono spesso in cassa integrazione, disoccupati, esodati. Chi, tra le lavoratrici delle mense, riesce ad avere un part time ha uno stipendio basso. In estate poi c’è il “fermo”, e le lavoratrici “in pausa” non percepiscono salario. Il personale è ridotto, per via dei contratti a dieci mesi, e chi resta a lavorare fa doppi turni o straordinari.
La qualità del servizio – “Pur di risparmiare farebbero di tutto, siamo già in una condizione di precarietà“, dicono le lavoratrici. Questo, però, rassicurano, non va a intaccare la qualità dei prodotti serviti a mensa: “refezione a 5 stelle”, l’hanno chiamata le stesse cuoche. Fino a poco tempo fa, il servizio era nell’occhio del ciclone per la riforma del servizio voluto anche dal Comune di Perugia. “Ma i controlli di Nas e Asl hanno verificato la bontà della qualità del servizio. Non è stato nulla che non andasse. Siam tornati a dare l’acqua dalla cannella del rubinetto, meglio che quella in bottiglia che resta ferma e stipata chissà dove e per quanto. I tagli non riguardano la spesa per le derrate alimentari. Ciò che è in pericolo è il nostro lavoro”.
©Riproduzione riservata
Modificato ore 19.28