Sanitopoli: condannati Lorenzetti, Rosi e Di Loreto / La sentenza - Tuttoggi.info

Sanitopoli: condannati Lorenzetti, Rosi e Di Loreto / La sentenza

Sara Minciaroni

Sanitopoli: condannati Lorenzetti, Rosi e Di Loreto / La sentenza

La condanna è arrivata sul merito del capo b e d, ovvero l'induzione in errore della Giunta / Tutti assolti gli altri imputati
Mar, 18/11/2014 - 19:01

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E’ arrivata poco prima delle 19, dopo otto ore di camera di consiglio, la sentenza che ha condannato l’ex governatrice dell’Umbria Maria Rita Lorenzetti a otto mesi di reclusione (con pena sospesa e la non menzione della condanna nel casellario giudiziale) e l’ex assessore alla Sanità Maurizio Rosi e l’allora direttore della direzione regionale dell’Umbria alla Sanità Paolo Di Loreto ad otto mesi e quindici giorni. Assolti tutti gli altri imputati. Da chiarire che i tre condannati sono stati riconosciuti colpevoli limitatamente al capo B) per Rosi e Di Loreto, e al capo D) per gli stessi più la Lorenzetti; ovvero quei capi di imputazione che spiegano il modo in cui i tre avrebbero indotto in errore la Giunta sull’esistenza del contenuto di due delibere, oggetto dell’inchiesta, presentandole alla firma degli assessori non complete in tutte le loro parti, macchiandosi del reato di “falso”.

Insomma non c’è la condanna per abuso in atti d’ufficio e quella per il falso ideologico viene ridotta per Lorenzetti all’aver firmato la delibera in data successiva al 2 marzo 2010 ovvero non in quella riportata sull’atto e prima che pervenisse la lettera dell’Asl di Città di Castello, per questo l’avvocato Ghirga a margine del verdetto spiega: “Aspettiamo le motivazioni, impugneremo la sentenza, un risultato largamente positivo viene offuscato da questo che sinceramente non capiamo. Non ce l’aspettavamo tenuto conto del complesso della sentenza”. “Cercheremo di capire bene di cosa si tratta. Lo stato d’animo non è bello – commenta la Lorenzetti – ma avremo modo di rivederci in appello”.

La delibera non era un guscio vuoto. Quindi per la Corte le delibere “della discordia” non erano un guscio vuoto, erano state istruite correttamente, la colpa dei condannati è stata quella, secondo la Corte, di aver inserito solo successivamente le richieste che invece sarebbero dovute pervenire prima della firma. Un verdetto che si è concentrato sull’atto formale quindi e non ha tenuto conto che come sempre dichiarato nelle lunghe fasi del processo “le richieste venivano fatte prima dalle Asl e poi venivano formalizzate per iscritto successivamente”. Per questo le difese dei condannati annunciano già il ricorso.

L’inchiesta era partita dai posti di lavoro promessi nelle telefonate intercettate e andando a scavare nei documenti di Asl 3, Comune di Foligno, negli archivi di alcune aziende partecipate – come Vus e Webred – gli inquirenti erano arrivati a due delibere della giunta regionale. Delibere ritenute “sospette” perché, secondo l’accusa,  completate con modalità anomale con cancellature e aggiunte a penna e trasformate da tre a quattro, questo secondo l’accusa frutto di accordi e aggiustamenti poco trasparenti.

Scale che si inseguono tra loro senza comprendere dove sia l’inizio o la fine di un percorso. Le due mani che si disegnano a vicenda senza che l’origine del moto sia identificababile. Un nastro di Möbius di Escheriana memoria pm Massimo Casucci, queste le metafore usate nel corso del processo per convincere il tribunale che  le delibere di giunta regionale dell’inchiesta Sanitopoli erano “forme geometriche assurde”, dove “inseguiamo un contenuto che non c’è né prima né dopo”.

Era stato il pm Mario Formisano a parlare di delibere “guscio vuoto”: “Non si può emanare un provvedimento e poi, solo in seguito, emanare l’istruttoria che dovrebbe averlo prodotto”. Questo è quello che l’accusa voleva provare, cioè che le delibere “urgenti” incriminate, in particolare la 1402 dell’ottobre 2009 (che secondo l’accusa sarebbe valsa all’ex capo di gabinetto della presidente Lorenzetti, Sandra Santoni, un posto alla Asl 3 di Foligno) e la delibera numero 46 del gennaio 2009 (delibera che ha per oggetto “l’autorizzazione alle aziende sanitarie e ospedaliere ad assumere personale”) sono state autorizzate prima ancora di ricevere le richieste di personale dalle Asl e prima ancora che venisse redatta un’istruttoria. “Insomma – spiega l’accusa – la prassi non viene rispettata, tutto avviene al contrario, prima si prendono le decisioni e poi si istruiscono le pratiche”.

Chi è Maria Rita Lorenzetti. Maria Rita Lorenzetti ha atteso la sentenza parlando con i giornalisti, la tensione allentata da battute ma anche da racconti e ragionamenti sulla sua storia umana e politica. A 22 anni giovanissima assessore nelle liste del Partito Comunista Italiano del Comune di Foligno, prima ancora di laurearsi in filosofia nel novembre dello stesso anno.  Nel 1984 diventa sindaco di Foligno. Sempre con il PCI viene eletta deputato nazionale per la prima volta nel 1987. Da sempre vicina a Massimo D’Alema, alla Camera dei deputati è stata rieletta per le successive tre legislature. Durante la sua ultima legislatura da deputato è stata Presidente della “Commissione Lavori Pubblici e tutela ambientale” della Camera dei deputati. La coalizione dell’Ulivo la sceglie come candidata presidente della regione Umbria nel 2000: vincente con 56,4% dei voti divenendo il primo, e per cinque anni l’unico, presidente di regione donna eletta direttamente. Cinque anni dopo, stavolta con il 63,1% delle preferenze, viene rieletta per un secondo mandato.

Altre vicende giudiziarie. Dal 5 agosto 2010  al 17 settembre 2013  è stata presidente di Italferr, società del gruppo Ferrovie dello Stato che opera nel settore dell’ingegneria dei trasporti ferroviari e dell’Alta Velocità. Il 16 settembre 2013 la Lorenzetti viene posta agli arresti domiciliari nell’ambito dell’indagine della procura di Firenze relativa ai lavori del Tav in Toscana. Nell’ordinanza di custodia cautelare, contenente anche stralci di diverse intercettazioni telefoniche, viene ipotizzato il rischio di reiterazione del reato. Il 30 settembre, dopo essersi dimessa dalla dirigenza Italferr, le vengono tolti anche gli arresti domiciliari. Il procedimento è nella fase di chiusura delle indagini preliminari.

La donna di ferro, “la zarina” come l’hanno definita negli anni delle grandi battaglie politiche, l’ex governatrice dell’Umbria, si lascia andare prima dell’ingresso in aula alle solite cortesie e battute con i giornalisti e chiarisce di non aver mai amato questo appellativo ma di aver imparato a conviverci “Non mi ritengo una persona arrogante e nemmeno presuntuosa – spiega – ma vengo da una scuola nella quale se ti danno un incarico devi mollare i piagnistei e fare ciò che c’è da fare, è una questione di carattere e se questo significa essere una Zarina allora lo sono” .

E non di uno Zar ma di un imperatore ha parlato il pm Casucci quando ha portato in aula la favola del re nudo. “Viene in mente la storia dei vestiti nuovi dell’imperatore a cui un sarto fa finta di cucire addosso il più bel vestito del mondo. L’imperatore amava il suo popolo – ha spiegato il pm durante la requisitoria – ma amava anche i vestiti e nessuno intorno a lui ha il coraggio di dire che il vestito non esiste. Solo quando va in piazza un bambino dice ‘il re è nudo’, così come qui, tutti a dire ‘che belle delibere, rispettano la spesa’, e si la rispettano, ma sono state prese in violazione delle regole” e poi il passaggio finale: “Per giungere al bene, in questa vicenda, si forza il sistema – ha concluso Casucci – Ma abbandonando la logica della decisione collegiale avviene la forzatura del sistema e l’assunzione della Santoni è proprio l’esempio del rischio che si corre forzando il sistema”. E’ così dopo oltre due ore di requisitoria che i pm hanno ritenuto che si fosse raggiunta la prova.  Gli imputati, tutti, si erano da sempre dichiarati innocenti.

Le richieste per gli altri imputati: Per Maria Rita Lorenzetti (avvocato Luciano Ghirga) e l’ex assessore alla sanità Maurizio Rosi (avvocati Valeriano Tascini e Fabrizio Figorilli) erano state richieste le condanne ad un anno e 4 mesi ed un anno e 8 mesi, con le aggravanti della continuazione del reato e la sospensione condizionale della pena. Francesco Roberto Maria Biti e Luca Conti (difesi dall’avvocato Nicola di Mario) richieste condanne a 10 mesi, Francesco Ciurnella (avvocato Nicodemo Gentile) 9 mesi, Giancarlo Rellini 1 anno e due mesi , Giuliano Comparozzi 1 anno e due mesi (entrambi difesi dall’avvocato Angiolo Casoli), Paolo Di Loreto (avvocato Lorenzo Tizi) 1 anno e 4 mesi, Maria Gigliola Rosignoli (avvocato Saverio Senese) 1 anno e 1 mese, Sandra Santoni (avvocato Claudio Franceschini)1 anno e un mese. Anche per tutti loro richiesta l’aggravante della continuazione e la sospensione condizionale.

Le accuse. A Comparozzi (dirigente della Regione), Ciurnella (funzionario della Regione Umbria), Di Loreto (direttore regionale dell’Umbria Sanità e Servizi sociali), Rosi (ex assessore regionale alla sanità), Ranocchia (istruttore amministrativo), Rellini (funzionario del servizio1), Biti (segretario verbalizzante della giunta regionale), Lorenzetti (presidente della giunta regionale), Conti (segretario verbalizzante della Giunta regionale) e Rosignoli (direttore generale Ausl3 Foligno Spoleto), venivano contestati i reati di concorso, turbativa d’asta e falso per aver, a vario titolo, secondo l’accusa, “lavorato alla redazione di una delibera, la numero 46 del gennaio 2009 per “Autorizzazione delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere ad assumere personale”. Inoltre per aver “indotto la Giunta regionale ad approvare la delibera utile all’assunzione di personale…benchè tale provvedimento risultasse mancante dei suoi contenuti essenziali. Infatti al momento dell’adozione di tale delibera, richiesta dall’assessore Rosi, con urgenza, l’attività istruttoria non era ancora terminata non essendo ancora pervenute tutte le istanze di gran parte delle aziende sanitarie dell’Umbria”. E per aver inoltre, sempre secondo l’accusa,  “alterato l’atto di richiesta di autorizzazione all’assunzione di personale predisposto dalla Ausl3 di Foligno Spoleto, modificando il numero dei dirigenti del ruolo di cui si richiedeva l’autorizzazione all’assunzione, portando gli stessi da 3 a 4 mediante una correzione a pennaoperata da Rellini Giancarlo, su indicazione dell’assessore Rosi, a sua volta sollecitato dalla Rosignoli e dalla Santoni; quest’ultima risultava la diretta beneficiaria della correzione”, in quanto sarebbe stata lei a beneficiare dell’assunzione. Di tutte le accuse, come detto, solo quelle per Lorenzetti, Rosi e Di Loreto sono rimaste in piedi, e solo in parte. Tutti gli altri imputati sono stati assolti perché “il fatto non costituisce reato” o perché “il fatto non sussiste”.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Modificato ore 20.00

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