Torna in auge il mestiere della tabacchina, la selezionatrice di foglie Kentucky essiccate sulle pertiche da rollare per produrre il sigaro toscano artigianale.
E c’è fermento tra le ex lavoratrici delle manifatture dei tabacchi e in tutta la filiera per l’imminente ripresa della produzione manuale del sigaro toscano, grazie a un investimento tutto italiano della Compagnia Sigarai Toscani nei Comuni dell’Alta Valle del Tevere, a cavallo tra Toscana e Umbria, dove il tabacco è stato per la prima volta importato in Italia e per quattro secoli diede reddito a un gruppo di contadini dediti alla libera (senza dazi) coltivazione del tabacco nella ‘Repubblica di Cospaia’, un unicum storico di tabacchicoltori-contrabbandieri al confine tra Granducato di Toscana e Stato Pontificio.
”Torneremo a produrre a mano il sigaro toscano già l’anno prossimo” annuncia con soddisfazione il sindaco di San Giustino (Perugia) Paolo Fratini, ”per iniziativa degli imprenditori locali e di un abruzzese, Gabriele Zippilli, con una impresa a capitale tutto italiano che ha creduto nel valore della nostra tradizione e vocazione agricola. Già scelto il nome del sigaro artigianale: Mastro Tornabuoni. In omaggio al vescovo Nicolò Tornabuoni, ambasciatore mediceo alla corte di Francia, che nel 1574 inviò allo zio vescovo di Sansepolcro dei semi di tabacco poi donati a Cosimo I de’ Medici che diffuse la coltivazione nel Granducato. Un nome – ha sottolineato – che richiama la via dello shopping fiorentino e quindi di grande appeal e riconoscibilità internazionale. Il miglior modo di dare futuro a un Comune che ha voluto preservare le sue radici aprendo, nei vecchi stabilimenti, un Museo Storico Scientifico del tabacco che celebra i suoi primi dieci anni”.