La comunità di Bastia, così come quella spoletina, sono ancora sotto scosse per quanto avvenuto la notte del 14 e 15 agosto. Una serata finita in rissa e poi in tragedia, con la morte dello spoletino Filippo Limini, di appena 24 anni. E tre ragazzi del posto, tra i 19 e i 23 anni, finiti agli arresti con l’accusa di rissa aggravata e omicidio preterintenzionale.
Dopo il duro monito del vescovo Sorrentino, anche il sindaco di Bastia, Paola Lungarotti, insieme ai dirigenti scolastici Carlo Menichini (IIS Polo – Bonghi di Assisi -Bastia Umbra) e Stefania Finauro (IC Bastia 1) hanno scritto un messaggio rivolto ai giovani e alle famiglie.
Lettera a cuore aperto ai giovani
“Il dolore non si placa nel tempo, ma con il tempo apre alle riflessioni. Quando il dolore poi è causato dalla banalità del male tutti siamo chiamati a rispondere, non solo con i sentimenti ma anche con le azioni.
Oggi siamo noi, scuola e amministrazione comunale, a parlare a cuore aperto a tutti voi, cittadini e cittadine, studenti e studentesse, giovani. Siamo profondamente turbati di quanto accaduto a Bastia Umbra. Ci sentiamo comunità e la rappresentiamo ognuno per la propria parte e per le funzioni che lo Stato civile ci assegna, e questa comunità è stata segnata da un fatto gravissimo, profondo, che non può non richiamare alla responsabilità e scoperchiare i mali di questa nostra società. Siamo profondamente annichiliti, turbati di fronte a quanto accaduto venerdì scorso.
Il volto gioviale di Filippo e i giovani ammanettati
Non conosciamo tutti coloro che hanno partecipato, ma abbiamo di fronte il volto gioviale di Filippo e le immagini dei giovani ammanettati, la perdita della vita e la vita persa nell’assurdità di una violenza senza senso. Una famiglia che non ha più le ragioni per vivere. Famiglie che si domandano perché vivere.
Il lockdown e l’aggressività dei giovani
Il lockdown di questi mesi ha accentuato l’aggressività nei giovani e non solo. Contenere e controllare la paura non sempre ci mette in condizione di adattarci adeguatamente alla situazione e al disagio. Ma questo non è giustificabile. La fragilità propria di ciascuno di noi deve fare i conti con l’altro, con gli altri, non può sopraffare il senso della comunità e dello stare insieme. Aggredire la vita per conquistarla e trovare il proprio spazio non può tradursi in sopraffazione.
La fragilità dei giovani
Tra tutte le fragilità che questa condizione sociale ha fatto emergere, quella dei giovani è la più complessa e problematica. Ed è verso questa fragilità che tutte noi istituzioni ci dobbiamo rivolgere a porre azioni di contrasto e cura. La prima forma di cura, quella più determinante rispetto alle altre, è la costituzione di una alleanza educativa.
Il ruolo di scuola, enti e famiglie
Scuola, Enti Locali, Famiglia abbiamo l’obbligo, ognuno per la propria parte, di fornire le rotte della crescita personale dei nostri ragazzi. La scuola come agenzia istruttiva, la famiglia come agenzia educativa, l’Ente Locale come contesto di apprendimenti e opportunità. Ci dobbiamo aiutare, non possiamo delegare ad altri quello che è proprio. Non possiamo lasciare ai network l’educazione dei nostri ragazzi. Come ci ricorda don Patrizio Coppola “I ragazzi sono in crisi e in questo periodo i social sono molto pericolosi, chi vuole imitare l’amico, chi cerca di affermare la propria forza, lo fa sfogando la violenza e mostrandola in rete”.
Serietà della vita e regole
Recuperare la serietà della vita, riscoprire le regole come condizione di vita, educare al senso del limite e alla paura come risorse e non debolezze. Un’altra forma di cura indispensabile è quella di trasmettere nei nostri adolescenti la consapevolezza di essere alleati nel processo educativo e formativo: fidarsi reciprocamente e collaborare proficuamente. Il dialogo, un’altra condizione imprescindibile dell’alleanza educativa. Non è nella repressione o con la mera punizione che si forma una coscienza critica e accettativa di se stesso e degli altri.
Adulti corresponsabili
Il dialogo per definizione necessita del confronto e dell’incontro. Per dialogare bisogna impiegare tempo e presenza, i giovani oggi dialogano poco con gli adulti, parlano molto con i propri pari e tramite i social ma non dialogano, non vanno oltre lo sfogo. Per ultimo ma non meno importante, l’esempio. “Io sono ciò che ricevo, io sono ciò che apprendo” – ricorda un illustre psicoanalista – ma che ricevono e che cosa apprendono i nostri giovani? Ecco su questo sarebbe bene che tutti noi riflettessimo con serietà. La tragedia di Bastia Umbra, i fatti di vandalismo, gli scontri e le risse, le scorribande e le bande che caratterizzano tutta l’Italia hanno dei corresponsabili e questi sono gli adulti che hanno abbandonato il ruolo di educatori a favore di una libertà indiscriminata che tale non è perché “la mia libertà finisce quando inizia quella altrui” (Kant) e allora non è desiderio ma ragione morale.
Non scandalizziamoci nell’usare la parola morale o più precisamente l’etica, non è vero che siamo oppressi dalle norme se queste rispettano il dettato costituzionale e la Persona nella sua interezza. È più facile dire sempre sì a tutto che dei no motivati e argomentati. Se non vogliamo assistere ad altre tragedie di uguale o similare portata dobbiamo riconoscere la nostra responsabilità e impegnarci perciò a diventare, ogni giorno di più, guide responsabili.
Società malata di amnesia etica
A queste riflessioni, nate dal cuore e codificate dalla ragione di chi vive quotidiamente il privilegio, seppur difficile, dell’incontro e del confronto con la comunità, in particolare quella dei giovani a cui dobbiamo guardare con speranza e progettualità, forte sarà il nostro impegno per promuovere relazioni di senso e alleanze di significato per una riflessione permanente da parte di tutti coloro che hanno la responsabilità di trasmettere valori educanti in questa società malata di amnesia etica.
Paola Lungarotti, sindaco del Comune di Bastia Umbra
Carlo Menichini, dirigente Scolastico dell’ IIS Polo – Bonghi di Assisi -Bastia Umbra Stefania Finauro, dirigente Scolastica dell’IC Bastia 1