L'associazione animali e quella venatoria concordano: con l'abolizione della legge si creerebbe un dannoso vuoto normativo
Referendum sulla caccia, l’Enpa si dissocia e Arci Caccia mette nel mirino certa “politica”. Si accende il dibattito di fronte alla raccolta firme sui due quesiti referendari per abolire la legge 157/92 e la sperimentazione animale.
L’Enpa: cancella anche la legge sui selvatici oggi protetti
L’Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali) con una nota sul proprio sito si dichiara estraneo alla proposta di referendum, pubblicata in Gazzetta Ufficiale che chiede di cancellare tutta la legge 157 del 1992 sulla protezione della fauna selvatica. “E solo secondariamente – rileva l’Enpa – sulla concessione dell’attività venatoria”. Una legge, ricorda l’associazione per la protezione d egli animali, grazie alla quale “è stato possibile tutelare anche animali privi di ogni difesa e oggi tutti considerati patrimonio indisponibili dello Stato su cui vi è il prioritario obbligo di tutela”.
Per l’Enpa questa non è la strada giusta per limitare la caccia: “Il quesito referendario, probabilmente nato con un fine che accomuna tantissimi italiani, ovvero l’abolizione della caccia, interviene con pressappochismo e pericolosa superficialità, cancellando tutta la normativa a tutela degli animali selvatici che fu creata con un lavoro condiviso tra le parti anche per l’obbligo di recepire le direttive europee e non sugli articoli interessati”.
E l’abrogazione della legge 157/92 sarebbe “un vero disastro per gli animali selvatici e per la biodiversità”. Perché, rileva l’Enpa, “si tornerebbe indietro di decenni, quando gli animali selvatici erano considerati res nullius, beni di nessuno, ed ognuno poteva catturarli, detenerli, venderli e via dicendo”.
Garanzia di uniformità in materia venatoria
Per l’Enpa la legge attuale garantisce comunque “una certa uniformità territoriale anche in maniera venatoria”: se decadesse, nulla vieterebbe alle Regioni di legiferare autonomamente in materia, aumentando probabilmente le specie ed i tempi.
Una situazione insostenibile che peraltro ci esporrebbe a dure sanzioni da parte dell’UE, in quanto verrebbe cancellata una legge di recepimento delle direttive comunitarie.
“La vita degli animali selvatici – attacca l’Enpa – non può dipendere dalla superficialità, dalla banalità, dalla voglia di apparire di singoli o di associazioni. Il futuro dei selvatici è legato al lavoro complesso e svolto con serietà, di condivisione, preparazione, con approfondimenti, valutazioni sociali, politiche e scientifiche”.
L’Enpa: non sosteniamo il referendum
Pertanto, l’Enpa “non intende sostenere il quesito referendario proposto, che toglie tutele e protezione alla fauna selvatica, mette a rischio la vita degli animali, la biodiversità, ed è contro le direttive europee. Il referendum è un prezioso strumento di democrazia e non può essere ridotto ad una pericolosa improvvisazione”.
Una nuova battaglia contro la caccia che vede quindi diviso il fronte animalista e ambientalista. E che sembra avere in Umbria uno dei principali terreni di scontro.
Bennati (Arci Caccia): referendum proposti da “localizzati” cittadini
“Prendiamo atto – afferma il presidente di Arci Caccia Umbria, Emanuele Bennati – della nota sul sito dell’Enpa che critica i referendum che stanno circolando in questi giorni di cui uno riguarda l’abolizione della legge 157/92. Insieme a quello sulla sperimentazione animale depositati da alcuni – sembra – estremamente ‘localizzati’ cittadini”.
Arci Caccia, come Enpa, riconosce la validità della legge 157/92. “Che fu frutto di un confronto tra le parti – ricorda Bennati – e che garantisce la tutela delle specie di fauna e regola l’esercizio venatorio. Migliorabile certo, ma non oggi”.
Legge da riformare solo con proposte credibili
Per Arci Caccia il quesito referendario contrasta con gli interessi generali, con l’ambiente, bene comune di cui la fauna selvatica è patrimonio dello Stato, “perché vorrebbe azzerare, distruggere ‘Cartagine’ e noi con o senza referendum non ci stiamo”. Insomma, il confronto su una eventuale riforma potrà esserci di fronte a proposte “credibili”, con tutti i portatori di interessi.
Anche per Arci Caccia l’iniziativa referendaria è improvvisata e pericolosa: “L’irresponsabilità con cui si è giunti a formulare il quesito referendario – attacca Bennati – è frutto dell’improvvisazione e della voglia di apparire di qualche soggetto in cerca di visibilità senza cognizione di causa; concordiamo anche su questo”.
Il valore della legge 157/92 – viene ricordato – sta nell’aver saputo mettere insieme l’interesse di mondi diversi ed in particolare la tutela del patrimonio faunistico italiano. L’abolizione della legge rischia di creare un deleterio vuoto normativo.
I dubbi su certa “politica”
“Pertanto, l’allarmismo di questi giorni, a fronte delle dichiarazioni dell’Enpa – si chiede il presidente di Arci Caccia – a chi porta consensi, ci chiediamo? A quale parte politica e per quale finalità? Non vogliamo pensare male ma troppe coincidenze riportano al Referendum del 1997 cui i partiti politici (vestali) sostenevano l’abolizione dell’art. 842 del CC, ‘fratelli’ di quelli che oggi, in nome dell’unità ‘rurale’, si fanno le associazioni fatte in casa”.