L’Assemblea legislativa dell’Umbria, nella seduta odierna, ha discusso due diverse interrogazioni a risposta immediata, firmate dai consiglieri regionali della Lega (Valerio Mancini ed Emanuele Fiorini) e Movimento 5 Stelle (Maria Grazia Carbonari e Andrea Liberati) relative al ripristino del pronto soccorso di Città della Pieve in ottemperanza alla sentenza del Tar dell’Umbria n. 98/2018 e al ricorso della Asl n.1 presso il Consiglio di Stato.
Il primo atto ispettivo è stato illustrato da Mancini, che ha chiesto all’Esecutivo regionale se intende “ripristinare urgentemente il pronto soccorso di Città della Pieve, dando seguito alla sentenza del Tar, che valuta irragionevole l’applicazione della normativa (decreto ministeriale n. 70/2015) nel senso di legittimare soppressioni e/o trasferimenti definitivi di presidi di pronto soccorso che costringano l’utenza a rivolgersi a servizi il cui espletamento richieda un aumento dei tempi di percorrenza (andata e ritorno) oltre il limite di 60 minuti indicato dalla normativa.
Inoltre il Tar ha sottolineato come tutto ciò vale a maggior ragione in questo caso, in cui la conformazione orografica e le condizioni di viabilità della zona incidono negativamente e strutturalmente sulla effettiva percorribilità nei tempi prescritti dagli standard di emergenza/urgenza, soprattutto nel periodo invernale a causa delle prevedibili avverse condizioni climatiche”.
La seconda interrogazione è stata presentata da Liberati, evidenziando che “una recente sentenza del Tar dell’Umbria ha ordinato l’immediata riapertura del pronto soccorso di Città della Pieve, chiuso un anno fa, con delibera della Asl1. La stessa Asl ha poi deciso di ricorrere al Consiglio di Stato, pur conoscendo il tema delle distanze di Città della Pieve, dell’Alto Orvietano, della Bassa Val di Chiana, nonché le incontrovertibili considerazioni ulteriori del Tar sulle difficoltà nei collegamenti stradali con gli altri ospedali. A fronte di una sentenza che avrebbe la sua immediata esecutività, abbiamo anche registrato invece che la Regione continua a fare orecchie da mercante e a purtroppo sostenere la deprivazione di servizi essenziali, anche per l’economia di quelle zone, contro lo spopolamento. Sappiamo che occorrerebbero, per riaprire i servizi di Pronto Soccorso e parti significative di ospedale, tra i 15 e i 20 milioni di euro: devono essere trovati, perché nessuno può davvero rimanere ignorato dalla Pubblica Amministrazione regionale”.
L’assessore Luca Barberini ha risposto alle due interrogazioni spiegando che “la delibera di Giunta che prevedeva la riarticolazione di alcuni presìdi è stata assunta per dare attuazione al decreto ministeriale n.70, che definisce il riordino delle reti ospedaliere in ogni Regione. L’Umbria è stata la prima ad avere la certificazione del rispetto dei criteri previsti dal decreto, un atto che mira a garantire servizi adeguati ed efficienti, attraverso una casistica minima necessaria alla qualità delle prestazioni.
L’intervento su Città della Pieve ha visto la creazione di un presidio di prima assistenza poi trasformato in punto di primo soccorso inserito nel dipartimento di emergenza della Asl 1, in collaborazione con Castiglione del Lago. La casa della salute di Città della Pieve avrà (h24 e per tutto l’anno) due medici, due infermieri, autisti in servizio e in reperibilità. Nel primo soccorso ci sono spazi e posti letto per l’osservazione temporanea. C’è un sistema per gli esami di laboratorio e per attivare consulenze specialistiche. A Città della Pieve non c’è nessun abbandono, dato che sono presenti una Residenza protetta di oltre 50 posti letto, è stata attivata una Rsa con 20 posti letto, durante la settimana ci sono medici specialisti per le prestazioni ambulatoriali. Sarà poi attivata una postazione di diagnostica con un punto per le risonanze.
Esiste dunque un presidio con livelli elevati di assistenza, sia per l’emergenza che per l’attività territoriale programmata. Doteremo quel territorio anche delle postazioni per l’atterraggio dell’elisoccorso, anche di notte e con condizioni meteo difficili. Infine, la sentenza del Tar ha affermato due cose: la Regione nell’ambito della sua autonomia ha fatto bene a chiudere il reparto di neurologia perché non rispettava i requisiti del decreto n.70, costruito sulla base dell’esperienza del personale medico; deve essere garantito un servizio per le emergenze in quell’area. Il Tar non ha tenuto conto che il soccorso e l’emergenza sono garantite dall’articolazione che ho illustrato. Quella sentenza non può essere attuata perché non esiste un pronto soccorso strutturato in senso clinico se non c’è dietro un ospedale vero e proprio. Per questo abbiamo presentato ricorso, per far capire che c’è una contraddittorietà nella sentenza del Tar, che riconosce la legittimità della chiusura di alcuni reparti e poi chiede un Pronto soccorso che può esistere solo con un ospedale che lo sorregga”.
Valerio Mancini ha replicato, dicendosi non soddisfatto ed evidenziando che “il Tar non si occupa di medicina, ma analizza le procedure. E scrive che la decisione di chiudere il presidio appare contraddittoria perché la stroke unit era una eccellenza nazionale. Inoltre non è stata valutata la possibilità, prevista dal decreto n.70, di mantenere ospedali in zone disagiate. Nel decidere la chiusura non si è tenuto conto dell’orografia del territorio. È inopportuno che il ricorso sia stato presentato dalla Asl, doveva essere la Giunta a prendere le decisioni”.
Andrea Liberati ha precisato che “il Tar ha ordinato l’immediata riapertura del Pronto soccorso. La politica deve prendersi la responsabilità di assumere iniziative di buon senso. Il Tar ha spiegato che il diritto alla salute in quella zona è compromesso a causa dell’orografia. Il ricorso al Consiglio di Stato è sbagliato e immotivato”.