Sono sei le linee di intervento individuate come principi fondamentali del nuovo Piano sanitario regionale, secondo i nomi assegnati dagli estensori: la sfida Covid 19; integrazione; semplificazione; assicurazione; attenzione per il personale; sanità a misura del cittadino.
Il Piano è stato illustrato alla Terza commissione dell’Assemblea legislativa regionale dall’assessore regionale Luca Coletto e del direttore regionale della sanità Massimo D’Angelo.
Le principali novità riguardano la governance, con elementi di innovazione rappresentati dal board per il governo del Servizio sanitario regionale; il supporto del C.Re.Va., il nuovo sistema di accreditamento
istituzionale; l’assistenza territoriale, con la riduzione del numero dei distretti da 12 a 4. l’istituzione delle Case di comunità e delle Centrali operative territoriali, per la presa in carico del malato cronico. Il potenziamento delle cure palliative. E poi la riconfigurazione d ella rete ospedaliera, che molto ha fatto discutere in questi giorni le forze politiche e i livelli istituzionali regionali, con la revisione dei servizi clinici generali e della rete dell’emergenza-urgenza e la realizzazione dell’elisoccorso regionale.
L’assessore Coletto ha detto che si tratta di “un piano su misura per l’Umbria”, con il parere favorevole del Ministero della Salute, approvato in Giunta, redatto a partire dal cosiddetto ‘Libro bianco’, che fotografa la realtà dei servizi sanitari in Umbria.
L’obiettivo è quello di “ricollocare le risorse disponibili nella maniera più corretta, vicino ai territori,
evitando o limitando le distanze per l’accesso ai servizi”.
“Un piano ha aggiunto l’assessore – che tiene in considerazione le novità come gli ospedali di comunità, le Centrali operative territoriali (Cot), le case comunità, che sono una rielaborazione delle Aggregazioni funzionali territoriali, adesso ricomprese nella case comunità dotate di medico, cup per prenotare, rispondenti alle necessità del territorio. Anche le Cot possono dare indirizzi per percorsi di cura, specie dei pazienti anziani”.
Quanto alle risorse, Coletto ha annunciato che la Regione si avvarrà anche di quelle del Pnrr indirizzate alla ristrutturazione di edifici esistenti, che potrà avere “sviluppi importanti”, come una rivalutazione del patrimonio non disponibile in disuso, che potrà avere nuova vita grazie ai finanziamenti, “magari
diventando sede di servizi sul territorio”.
Il Piano prevede anche una Commissione regionale per gli investimenti, anziché aziende che si gestiscono
da sole, per consentire una valutazione a livello regionale. “Una scelta – ha argomentato Coletto – dovuta a varie considerazioni: le risorse sono comunque limitate a livello nazionale, la loro destinazione riguarda solo la cura delle persone e la spesa farmaceutica. Anche le donazioni devono essere valutate”.
Il direttore D’Angelo ha spiegato che il Piano “è uno strumento programmatico che presuppone una sua evoluzione. Nasce – ha spiegato – su macro aree di assistenza: la prima è quella della prevenzione, che si richiama al Piano nazionale prevenzione, con interventi modulati a livello regionale circa l’impatto epidemico ed epidemiologico. In questo senso bene gli screening, che riducono il rischio di molte patologie o l’eccesso di rischio”.
Altro punto sottolineato da D’Angelo è il nuovo modello di assistenza sul territorio, con la gestione delle
emergenze e le azioni sulla cronicità “che rappresentano una sfida da rimodulare con la medicina d’iniziativa”.
Per la presa in carico del paziente ci sono 21 case di comunità, 16 ospedali di comunità (5 dei quali
finanziati dal Pnrr). “Quindi – ha commentato D’Abgelo – una diversa assistenza ospedaliera con la nuova
rete degli ospedali, non più strutture a sé, ma rete ospedaliera, con ospedali che curano il basso livello di intensità di cura fino ai Dea di secondo livello, che dovranno garantire i pazienti più complessi con un turn over più elevato. Stiamo curando i pazienti in maniera inappropriata perché i pazienti, quando stabilizzati, devono essere gestiti con un setting appropriato, di qui l’importanza delle case di comunità, con le Cot, le centrali operative territoriali che garantiranno le dimissioni protette. Uno dei setting più importanti è proprio il domicilio del paziente. Per questo l’incremento delle attività territoriali”.
In accordo con quanto previsto dal Pnrr, il Piano prevede la telemedicina. “Ci sono aree disagiate – ha detto D’Angelo – in cui il paziente anziano deve essere gestito con strumenti di prossimità. Stiamo
procedendo verso la digitalizzazione totale”.
Infine, l’Umbria avrà un proprio elisoccorso, “per garantire che si superino le difficoltà dovute alla conformazione del territorio”.
Il consigliere Tommaso Bori (Pd) ha lamentato la mancanza di partecipazione, a livello politico e con gli operatori. Ricordando ad esempio come la riduzione dei
distretti da 12 a 4 “riduca la catena di comando, ma anche la democrazia interna alle aziende”, rischiando di impoverire “la capacità di cogliere e risolvere i problemi territoriali. Ci sono forti dubbi sul fatto che ci si riesca, con una possibile perdita di capacità nell’offrire un servizio qualificato”.
Per quanto riguarda il personale sanitario, Bori ha ricordato che l’Umbria è sotto organico sia
come medici che come infermieri e tecnici, nonché medici di medicina generale. Un rischio quindi programmare servizi senza chi li tiene in piedi. Per questo Bori chiede un supplemento di
riflessioni sul personale e su come si fanno i servizi: “Oggi è solo l’inizio di un lavoro”.
Fabio Paparelli (Pd), non ha condiviso la scelta di rimandare alcuni aspetti alle
annunciate ‘schede di intervento’, specie per ciò che non è sul piano: salute mentale, disabilità, dipendenze, malattie rare. “Non mi convince il piano di abbattimento delle liste di attesa – ha aggiunto – dove c’era una scelta chiara. Nelle patologie croniche l’appuntamento lo deve dare lo specialista già
nella visita, non rimandare il paziente al medico di famiglia”. Contrario alla riduzione dei Distretti anche Paparelli, che ja portato l’esempio dei territori del Ternano e della Valnerina.
“La razionalizzazione – ha ammonito Michele Bettarelli (Pd) – non è tirare la cinghia”. Che ha chiesto anche se la politica relativa al patrimonio edilizio della sanità valga anche per l’ex ospedale di Città di Castello, che è stato tolto dal bilancio della sanità”. Ricordando che alcuni beni alienati non hanno più la
loro originaria destinazione.
Nella maggioranza, il capogruppo della Lega, Stefano Pastorelli, ha invitato a fare presto: “Viviamo criticità che potrebbero essere alleviate dal nuovo piano, se ritardiamo di molto, è una cosa che per qualcuno potrebbe essere conveniente, ma non per noi. Discutiamo sulla riduzione dei distretti e sulle varie misure – ha concesso – è un piano che prevede una sua evoluzione, c’è massima disponibilità ma non teniamolo fermo fino alle calende greche”.
Valerio Mancini (Lega) ha invitato a rimettere al centro la dinamica medico-paziente, con casi di pazienti mandati in strutture lontane o che lamentano di non ricevere la visita a domicilio dal proprio medico di famiglia. “Siamo sicuri – ha quindi detto – che quanto deliberato in passato venga eseguito puntualmente?”. Aggiungendo: “Invito a una vigilanza sull’applicazione nei presidi ospedalieri di quanto
viene deciso e deliberato dalla Giunta regionale”.
Mancini ha manifestato anche perplessità anche sulla convenzione con l’Università, peraltro espresse non molti giorni fa in audizione anche dall’intersindacale medica. “Mi rammarica il fatto – ha detto – che la convenzione non sia stata discussa in commissione. Si tratta di una convenzione preadottata e il mio auspicio è che riceva le opportune modifiche per adeguarla all’indirizzo indicato dai sanitari, che condivido. Chiedo perciò che i passaggi successivi alla preadozione siano accompagnati
dalla costante presenza in commissione del direttore D’Angelo e dell’assessore Coletto, o di chi può farne le veci, stiamo parlando di un documento molto tecnico che esige la loro presenza. Non vorrei trovarmi in
difficoltà nell’esprimere il mio voto in commissione”.
Entro breve inizierà la fase di concertazione, con le audizioni dei molteplici soggetti interessati. Oltre alla concertazione e alla possibile evoluzione del documento, si rende necessaria anche una modifica del Testo unico in materia di sanità, trattandosi di un piano sanitario la cui valenza passa da triennale a quinquennale, al fine di adeguare i tempi di vigenza a quelli di realizzazione dei progetti del Pnrr.