Dal 27 dicembre scorso le carcasse di cinghiali infetti soltanto in alcune zone del Piemonte e della Liguria | Smentiti casi in altre regioni
Con gli ultimi due esemplati di cinghiali trovati a Ovada e a Castelletto d’Orba, in provincia di Alessandria, salgono a 41 i casi di peste suina africana in Italia, dal 27 dicembre scorso. Tutti all’interno della zona infetta tra il Piemonte e la Liguria.
Un’area nella quale da protocollo, pur non essendo stato trovato alcun caso di maiale infettato, gli allevamenti sono sottoposti a forti restrizioni.
Il Sindacato italiano veterinari medicina pubblica smentisce quindi le voci di altri casi di peste suina africana fuori dalla zona infetta. La procedura prevede che i casi sospetti, segnalati all’Istituto zooprofilattico competente territorialmente, vengano poi inviati all’Izsum di Perugia, centro di referenza nazionale per la pesta suina. E solo allora viene accertata l’eventuale presenza della peste suina africana, virus che nn si trasmette all’uomo ma che colpisce gli ungulati, da allevamento e selvatici, provocando gravi danni all’economia del settore.
Il Governo ha emanato un decreto il 17 febbraio per prevenire la diffusione di casi, anche con obblighi per chi si imbatte in cinghiali morti o feriti.
Le Regioni hanno predisposto dei piani di emergenza, anche con esercitazioni sul campo per il recupero delle carcasse dei cinghiali (IMMAGINI), impiegando battitori e binomi.