Dopo la chiusura dei tribunali limitrofe, arriva su Perugia la scure sulla Corte d’Appello. “Una prospettiva devastante per l’Umbria è quella che Perugia perda la sua Corte d’Appello“. Ne è convinto il consigliere comunale di Forza Italia avvocato Massimo Perari che in una nota spiega come “il venir meno della Corte d’Appello di Perugia comporterebbe costi e disagi enormi per il sistema giudiziario – spiega – pensiamo al fatto che scomparirebbero il Tribunale dei minori, quello di Sorveglianza e la Direzione distrettuale antimafia, ma non solo, tutti i dipendenti amministrativi dovrebbero trasferirsi nella nuova sede accorpata. I detenuti dovrebbero essere scortati ogni giorno dalla Polizia penitenziaria alla Corte di Firenze e anche i procedimenti che riguardano separazioni e divorzi dovranno tenersi in Toscana o nel Lazio. Immaginate quanti disagi e quanti costi aggiuntivi avrebbe questa rivoluzione”. L’appello di Perari va quindi a tutti i parlamentari umbri: “Affinché si attivino per scongiurare questo rischio oggi contenuto nel progetto di riforma del Ministro Orlando che determinerebbe per il capoluogo e per la regione una perdita dalle conseguenze gravissime”. Tra i molti risvolti della riforma c’è infatti da annoverare anche che tutti i giovani praticanti che devono sostenere l’esame da avvocato sarebbero costretti a sostenere la prova a Firenze. “Insomma un vero e proprio caos che determinerebbe anche un aggravio di lavoro insostenibile per le due Corti che riceverebbero più di 20 mila fascicoli in più”.
Soppressione della Corte d’Appello di Perugia, il Pd scende in campo e dice. “No”
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Il Pd umbro – Una riforma che sembra unire diverse voci politiche, anche tra maggioranze e opposizioni. E dunque anche il Pd dell’Umbria si schiera contro la possibile decisione di chiudere la corte d’Appello di Perugia e si dichiara pronto a “chiedere che il riordino della geografia giudiziaria si svolga con un percorso di leale e collaborativo confronto con i territori e con gli attori che in esso quotidianamente operano”. Ad affermarlo, in una nota, il responsabile dei Dipartimenti del Pd Umbria Marco Gambuli e la responsabile del dipartimento Giustizia Cinzia Montanucci. “Più volte nelle scorse settimane – scrivono i due – abbiamo sentito il presidente del Consiglio e il guardasigilli ripetere che la giustizia rappresenta uno degli asset strategici su cui si gioca la capacità di ripresa del Paese. Abbiamo applaudito l’impegno assunto dal Governo di assicurare un servizio efficiente e soprattutto rapido, capace di allineare il nostro Paese agli standard europei dai quali oggi è drammaticamente lontano (come ci ricordano le vagonate di condanne incassate dall’Italia davanti alla Corte europea per i Diritti dell’uomo). Siamo quindi rimasti colpiti nell’ascoltare il ministro lo scorso weekend annunciare mille assunzioni per personale amministrativo nei tribunali, segno di un cambio radicale di approccio rispetto agli anni passati. E abbiamo fiduciosamente atteso il correttivo che mettesse mano alle storture della riforma Severino, che nel rivedere la geografia giudiziaria aveva picchiato duro nella provincia umbra, spazzando via con un colpo di penna ben sei sedi giudiziarie sulle nove presenti in regione, peraltro smembrando e ricucendo territori eterogenei senza alcun apparente criterio razionale. Sì perché – spiegano Gambuli e Montanucci – da correggere c’era molto, visto quanto accaduto nel corso dell’ultimo anno nei vari fori umbri. A partire dal penoso spettacolo della ricollocazione della sezione stralcio del Tribunale di Perugia, quando, alla chiusura delle cinque sezioni distaccate (Foligno, Città di Castello, Assisi, Todi, Gubbio, che sommavano un volume di procedimenti pari a circa la metà della sede centrale di Perugia e superiore alla sede di Terni), invece di continuare a beneficiare delle sedi precedenti fino all’individuazione degli opportuni spazi presso la sede centrale, si è pensato di confinarle in un capannone contenente l’archivio comunale nell’ultima periferia industriale perugina.
Per non parlare della incomprensibile decisione di accorpare i comuni della Media Valle del Tevere al Tribunale di Spoleto o Città della Pieve a Terni o dei gravi disagi per tutto l’Orvietano, scelte che seppur rispondenti ai rigidi parametri numerici ministeriali si scontrano con la geografia e le basilari nozioni del buon senso. E, oltretutto, in questo poderoso lavorio di accorpamenti – aggiungono – neppure si è potuto sperare in una più razionale ed efficiente organizzazione degli uffici e dell’organico, come certificato pochi giorni fa nientemeno che dal dirigente di Cancelleria del Tribunale di Perugia, il quale si è visto costretto a prendere carta e penna per rappresentare il quadro drammatico del servizio Giustizia, con uffici sull’orlo della paralisi (72 unità effettivamente operanti, a fronte di un organico previsto di 124 persone) e la prospettiva di una riduzione dell’attività d’udienza del 50%, non potendosi altrimenti mettere in esecuzione quanto statuito dai giudici. In questo quadro, dicevamo, aspettavamo come una manna il progetto di riordino del ministro Orlando – prosegue la nota – con la fiducia di chi condivide la preoccupazione per un servizio essenziale per la tutela dei diritti e per il rilancio economico di un territorio. E’ per questo che neanche vogliamo prendere in considerazione le indiscrezioni giornalistiche trapelate nei giorni scorsi in merito alla soppressione della Corte d’Appello di Perugia con smembramento del territorio regionale tra i distretti di Roma e Firenze, cui si accompagnerebbe la soppressione del Tribunale di Spoleto, del Tribunale di Sorveglianza, di quello dei Minori, della Procura generale e del Tar Umbria, in quanto, qualora confermate, sarebbero di una gravità straordinaria. Tanto più se si considera quanti uffici statali hanno già traslocato dall’Umbria, in direzione ora di Ancona, ora di Firenze o Roma. Peraltro deve evidenziarsi che gli interventi compiuti finora non hanno mai realizzato un disegno politico di ampio respiro per una progressiva integrazione di territori limitrofi nell’ottica di un miglioramento (pure con i dovuti risparmi) dei servizi pubblici, ma ci si è sempre mossi nella prospettiva miope del taglio lineare e del risparmio di spesa corrente. Se forse da un Governo tecnico simili rimedi ci si potevano aspettare – scrivono ancora Gambuli e Montanucci – certo così non è per l’attuale Governo, guidato dal nostro segretario con l’ambizione di cambiare verso all’Italia, anche riparando la malridotta macchina della Giustizia. E, sia chiaro, non si tratta certo di una battaglia di campanile o di assecondare le – pur legittime – rivendicazioni degli avvocati locali. Si tratta di una battaglia di civiltà che attiene la possibilità di tutela dei diritti fondamenti di ognuno e la serietà con cui il nostro Paese si presenta agli operatori economici”.
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