In attesa di sapere quali organismi del regionale sono commissariati insieme alla segreteria di Gianpiero Bocci (dimessosi dopo gli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sulla Sanitopoli perugina), anche a livello provinciale il Partito democratico perde pezzi.
Caos Pd, Borscia scrive alla Commissione di garanzia
Si è infatti dimesso il segretario Leonardo Miccioni. L’Assemblea non ha nemmeno potuto prenderne atto, dato che senza il numero legale (una decina i presenti) la convocata riunione non si è tenuta.
E allora, Miccioni la sua insoddisfazione per la gestione del partito da parte del commissario Walter Verini le ha dovute affidare ad un comunicato stampa. Molto più soft nei toni, ma comunque chiaro negli intenti. Con vista sulle imminenti regionali.
“Il mio tempo da segretario provinciale, dopo meno di 2 anni – ha annunciato Miccioni – termina qui”. Tra le motivazioni il fatto che “ad oggi, con il profilo ‘federalista’ del Partito democratico che rinnova i propri livelli politici in momenti differenti, la maggioranza con cui sono stato eletto, in un Pd riformista guidato da Matteo Renzi, a seguito di percorsi congressuali diversi, non è più la stessa. Come è evidente che la mia stessa visione politica non sia coincidente con quella del segretario nazionale Zingaretti. Non mi sono tirato indietro dal guidare, con spirito di sacrificio e insieme agli altri reggenti il Pd regionale nel 2018 in un contesto di incertezza e sotto la guida del segretario Martina; ma non sono un uomo per tutte le stagioni e pertanto non ritengo che io possa guidare questa fase politica in cui a volte io steso faccio fatica a ritrovarmi”.
“Ritengo, inoltre, che proprio per la delicatezza di questa fase politica, che ci porta alle prossime elezioni regionali – aggiunge Miccioni – le mie dimissioni siano un atto che prova a richiamare la necessità di allargare la discussione. Va avviata una discussione seria e franca all’interno del Partito democratico, una discussione che deve portare all’individuazione di un programma politico, di una coalizione e infine di un candidato alla presidenza della regione, nonché all’approvazione della lista per il consiglio regionale. Serve collegialità e rappresentanza di tutti all’interno del Pd, altrimenti si rischia di costruire un partito minoritario che guarda alle elezioni più per conservare se stesso e una parte della propria classe dirigente, che per provare a costruire un’identità politica capace di aggregare attorno a se un consenso importante che ci porti ad essere nuovamente una forza di governo, nelle città, in regione e nel Paese”.
“Credo non sfugga a nessuno – ha detto nella sua relazione Miccioni – la delicatezza di questa fase politica, dove senza scorciatoie o capri espiatori siamo tutti chiamati a rispondere, ciascuno per la propria responsabilità, dinanzi ad una sconfitta netta e inequivocabile”. Europee e amministrative, con l’Umbria che registra il quarto miglior risultato della Lega e dove alle amministrative si perdono città importanti, segnalano la difficoltà diffusa del Partito democratico. E in un quadro tanto complicato appaiono tutt’altro che scontate le vittorie nell’elezione di presidente e consiglio provinciale, “frutto di un lavoro di ricostruzione di un centrosinistra largo ed inclusivo e di un dialogo con le forze civiche””. “Le mie dimissioni – ha concluso Miccioni – sono un elemento che metto a disposizione per garantire dialogo, rappresentanza e equilibrio nel Partito democratico”.